Gela. Il Punto di Primo Intervento (Ppi) ospitato dal presidio ospedaliero “Vittorio Emanuele” non decolla. Dal giorno della sua inaugurazione, avvenuta il 17 maggio scorso, ha registrato circa 550 prestazioni. Poco meno di 3 pazienti al giorno.
Era stato associato dall’Asp, in locali adiacenti all’ospedale per migliorare l’efficienza del Pronto soccorso. Avrebbe dovuto consentire una maggiore economicità e la riduzione dei tempi di attesa nei più costosi reparti di Pronto soccorso, dove gli utenti che non vengono ricoverati sono costretti a pagare una quota fissa di 25 euro (non pagano gli esenti e utenti di età inferiore ai 14 anni).
Il “Ppi” ha un vasto raggio di intervento che va dalle semplici richieste di visite ed esami non urgenti, al trattamento di patologie traumatiche, dermatologiche, odontoiatriche, oculari, osteoarticolari, infettive, dell’apparato uro genitale, gastrointestinali, ipertensive e ansia non complicata.
Eppure, il presidio ospedaliero sembra avere creato delle barriere con i Ppi. Lo dimostra l’assenza di un collegamento in rete, dove l’unico computer in dotazione attende ancora di essere acceso. La lista sarebbe molto più lunga se si considerano altri servizi, ma insospettisce la mancanza di tabelle che informative che indicano l’esistenza del Punto di primo intervento. Le uniche segnalazioni sono caratterizzate da improvvisati fogli “A4”(uno), collocati all’ingresso dell’ospedale.
Nessuna traccia nella sala di attesa del Pronto soccorso, dove i pazienti sono costretti anche a quattro ore di estenuante fermata che va dal triage al trattamento anche di semplici patologie. Secondo i bene informati, la comunicazione dei Ppi sarebbe ignorata anche dagli ambulatori dei medici di famiglia. I Punti di primo intervento soffrono una condizione che rischia di sfociare con la coincidere con la solitudine dei medici che vi prestano onorato servizio.
