Gela. Il blitz dei poliziotti della mobile di Caltanissetta e dei commissariati di Niscemi e Gela, coordinati dai pm della Direzione distrettuale antimafia nissena, scattò la scorsa estate mentre proprio a Niscemi si insediavano il nuovo sindaco e l’assise civica, dopo la chiusura delle urne. Lo scossone giudiziario portò agli arresti domiciliari il primo cittadino uscente Francesco La Rosa, rieletto in consiglio comunale, e il suo ex assessore, il gelese Carlo Attardi. Negli scorsi giorni, sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini. Oltre a La Rosa e ad Attardi, le accuse dei magistrati della Dda vengono mosse all’altro gelese Giuseppe Attardi, padre di Carlo, a Salvatore Ficarra, Francesco Spatola, Salvatore Mangione, Francesco Alesci, Giancarlo Giugno e Giuseppe Mangione.
Il presunto condizionamento del voto. In base a quanto ricostruito con l’indagine “Polis”, il voto che portò all’elezione a primo cittadino di Francesco La Rosa sarebbe stato condizionato dall’intervento dei boss. Gli investigatori, coordinati dal pm della Dda Luigi Leghissa, concentrarono le loro attenzioni principali soprattutto sulle mosse di quelli che considerano esponenti di spicco delle famiglie di cosa nostra tra Niscemi e Gela, Giancarlo Giugno e Alessandro Barberi, quest’ultimo però non coinvolto nell’inchiesta “Polis”. Le accuse di associazione mafiosa verrebbero mosse proprio a Giancarlo Giugno, Salvatore Ficarra, Francesco Spatola e Francesco Alesci. Quelle di voto di scambio, invece, a Carlo e Giuseppe Attardi, Francesco La Rosa, Giuseppe e Salvatore Mangione. I pm della Dda di Caltanissetta, adesso, potrebbero chiedere il rinvio a giudizio. Le difese, invece, hanno sempre escluso il condizionamento mafioso negli equilibri elettorali che cinque anni fa portarono La Rosa a conquistare il municipio di Niscemi. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Francesco Spataro, Flavio Sinatra, Giuseppe D’Alessandro, Gino Ioppolo ed Enrico Trantino.