Gela. Aveva ventiquattro anni quando fu freddato da un commando di killer, in pieno centro storico. L’agguato in centro storico. Tommaso Esposito Ferrara venne ucciso nel novembre di ventotto anni fa. Adesso, il figlio, all’epoca dei fatti ancora molto piccolo, chiederà che a risarcirlo per quella morte sia uno degli ex capi del gruppo degli stiddari, ovvero Marcello Orazio Sultano. L’allora boss della stidda da anni collabora con la giustizia. Per l’omicidio di Tommaso Esposito Ferrara, almeno da un punto di vista penale, non c’è mai stata una condanna. Uno dei componenti del commando di fuoco morì mentre era recluso; per Marcello Orazio Sultano, invece, arrivò l’assoluzione per insufficienza di prove. In base alle indagini scattate all’indomani del duplice omicidio, il vero obiettivo dei killer sarebbe stato il trentacinquenne Orazio D’Amico, a sua volta raggiunto a morte dai colpi sparati. I due si trovavano insieme proprio in centro. Solo qualche giorno prima, i proiettili dei killer avevano ucciso Nicola D’Amico, fratello di Orazio. Erano gli anni della sanguinosa faida tra i gruppi di cosa nostra e quelli della stidda. Tommaso Esposito Ferrara non aveva mai avuto rapporti con i clan di mafia. Il figlio, così, ha scelto di rivolgersi anche alla giustizia civile, dopo aver avviato l’iter amministrativo per il riconoscimento, in favore del padre, dello status di vittima della mafia. Il suo legale di fiducia, l’avvocato Giuseppe Cascino, ha già provveduto a definire il ricorso da depositare sui tavoli dei giudici del tribunale. Si chiederà di valutare l’eventuale responsabilità dell’ex boss stiddaro. Proprio Marcello Orazio Sultano, a questo punto, verrà chiamato a testimoniare per fare chiarezza intorno a quanto accaduto quella sera del novembre di ventotto anni fa.