Gela. Lo scorso dicembre, il giudice civile del tribunale ha respinto il ricorso straordinario, presentato dai legali di quasi quattrocento cittadini, con il quale si chiedeva lo stop immediato di tutte le attività di Eni sul territorio e l’avvio delle procedure di bonifica. A sei mesi di distanza, gli stessi legali, gli avvocati Luigi Fontanella, Giuseppe Fontanella e Laura Vassalo, sono tornati a chiedere il fermo degli impianti della multinazionale e l’accoglimento del loro reclamo. Questa volta, l’hanno fatto davanti al collegio civile, competente a decidere. I giudici si sono riservati e il verdetto dovrebbe arrivare entro le prossime settimane. Per i legali dei cittadini, permangono tutte le condizioni di pericolo, già accertate in una maxi perizia, che delinea il collegamento tra attività industriale e le gravissime patologie riscontrate sul territorio, con i recenti rapporti dell’Istituto superiore di sanità e della Regione che rilanciano l’allarme. Percentuali superiori alla media, sia per particolari malattie sia per i tassi di mortalità, oltre alla piaga infinita delle malformazioni. Anche in questa fase di reclamo, i legali di tutte le aziende del gruppo Eni, presenti in città, si sono opposti alle richieste, caldeggiando il rigetto delle richieste, come già accaduto nella prima fase, quella decisa dal giudice Virgilio Dante Bernardi.
Il reclamo dopo il rigetto del ricorso. Nel procedimento imbastito dopo la presentazione del ricorso straordinario, il Comune ha scelto di essere presente, dando mandato all’avvocato Mario Cosenza. Tra le richieste dell’ente, l’obbligo per Eni di pagare una somma non inferiore ad ottanta milioni di euro, da destinare ad un fondo di sussistenza in favore delle famiglie dei lavoratori, eventualmente costretti ad uscire dal ciclo produttivo a seguito del fermo delle attività nel sito locale. Già nella prima fase, nonostante fosse stato citato in giudizio direttamente dai legali dei cittadini, l’ente ha comunque chiesto l’accoglimento del ricorso straordinario. Il giudice, però, come spiegato nelle motivazioni pubblicate a dicembre, ha respinto “tutte le domande del ricorso”. “E’ però risultato nel corso dell’istruttoria, dall’audizione degli informatori, nonché dalla documentazione, invero ingente e non sempre realmente pertinente, prodotta agli atti del giudizio – si legge nell’ordinanza pubblicata a dicembre e adesso sottoposta a reclamo – che il diritto soggettivo alla salute dei ricorrenti non è seriamente messo a repentaglio dalle attività attualmente svolgentisi entro l’area del cosiddetto Petrolchimico, ridottesi, come è emerso in istruttoria, a quelle riferibili agli impianti Tas, Taf, biologico organico e industriale oltre a quella meramente estrattiva”. Adesso, tocca al collegio valutare il reclamo e decidere.