Il fallimento del Gela Calcio è lo specchio di una comunità che vive nel declino
Gela. Per i non appassionati, forse, non cambierà nulla, per gli amanti dello sport…si! Ieri Gela ha vissuto gli ultimi attimi di vita della massima espressione sportiva della città, ma la vicenda del...

Gela. Per i non appassionati, forse, non cambierà nulla, per gli amanti dello sport…si! Ieri Gela ha vissuto gli ultimi attimi di vita della massima espressione sportiva della città, ma la vicenda del Gela Calcio non è solo un fallimento sportivo, bensì anche lo specchio di una comunità locale che sta vivendo una fase di declino in tutti i settori. I greci erano innamorati di questa terra, resa unica dalla spiaggia colore oro, paese che nei secoli successivi potrà vantarsi della presenza di uomini illustri, come Salvatore Quasimodo. Questa città non ha dunque nulla da invidiare ad altre, è solo abbandonata a se stessa. Non si cercano nè colpe, nè colpevoli, si spera solo che ogni gelese, scrutando se stesso, si chieda: io che ho fatto di buono per la mia città? In realtà, infatti, non si lotta per questa terra: ogni gelese pensa a se stesso, al bene proprio e non al bene comune; fa le leggi da sè, senza rispettare le norme vere e proprie (vedi caos rifiuti, o anche i vari problemi idrici che attanagliano la città). Gela sta vivendo la povertà non solo materiale ma soprattutto esistenziale, familiare, educativa, lavorativa.
La nostra è una città in piena agonia, che non riesce a rialzarsi perché i cittadini non hanno la forza di rialzarsi, non credendo più in questa città fatta di storia, tradizioni e di uno spettacolo naturale che tanti invidiano. Invece, bisogna credere in ciò che si ama e, se si ama, bisogna affrontare e risolvere i problemi che possono minacciare ciò che ci sta a cuore, non stare fermi ad osservare un declino in parte già scritto. Gela è dei gelesi, ma i gelesi amano Gela?