Gela. Nel novembre di otto anni fa, l’ex opificio sul lungomare Federico II di Svevia crollò. Nella notte, nell’arco di pochi minuti, non ne rimase più nulla, se non le macerie. Un crollo che fin dai primi momenti sembrò piuttosto anomalo. I pm della procura, anche su spinta di alcune associazione ambientaliste, avviarono un’indagine. Si arrivò a processo, ma il giudizio si chiude senza un verdetto, se non quello che ha disposto il “non doversi procedere per l’intervenuta prescrizione”. Il dispositivo in aula l’ha letto il giudice Ersilia Guzzetta. Dopo la chiusura delle indagini, a processo finirono l’imprenditore Rocco Luca e la rappresentante della società immobiliare che intanto aveva acquisito l’area, Maria Assunta Luca. Insieme a loro, Roberto Pesarini e l’ingegnere Fabrizio Lisciandra, consulente tecnico che coordinava i lavori. Il sospetto degli inquirenti era che il crollo fosse stato indotto, di modo da avviare nuove attività edilizie nell’area. A distanza di otto anni, non c’è stato modo di arrivare neanche ad un verdetto di primo grado, nonostante i tanti testimoni chiamati in aula. Nel tempo, il procedimento è spesso passato di mano, da un giudice all’altro, allungando enormemente i termini. Erano diverse le accuse contestate ai Luca (entrambi adesso coinvolti nell’inchiesta antimafia “Camaleonte”) e agli altri due imputati. Inosservanza all’ordine dell’autorità, omesso intervento a fronte di pericolo di crollo, demolizione abusiva e violazione della normativa urbanistica.
I legali di difesa, gli avvocati Antonio Gagliano, Giovanna Zappulla e Orazio Rinelli, hanno sempre sostenuto che quel crollo fu accidentale, non generato da attività condotte dagli imputati. Gli imprenditori e i tecnici, secondo la loro versione, avrebbero operato in base a quanto indicato nelle autorizzazioni, ma in una struttura già in condizioni di assoluta precarietà. Il pm Sonia Tramontana, durante l’istruttoria, ha invece ricostruito uno scenario diverso, non escludendo che quel crollo sia stato voluto anche per superare vincoli e obblighi imposti dagli enti competenti, in un’area che sarebbe poi potuta rientrate sotto vincolo di tutela. L’intervenuta prescrizione, però, ha chiuso il giudizio.