I Rinzivillo nel blitz Extra fines, depositate motivazioni: in primo grado 15 condanne

 
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Gela. Oltre trecento pagine per illustrare dettagliatamente la struttura del clan, che affidato al sessantenne Salvatore Rinzivillo, avrebbe tentato di fare affari, anche fuori dalla Sicilia, in settori economici considerati importanti, compreso quello del commercio ittico su vasta scala, oltre ai collegamenti con operatori, avvicinati al gruppo criminale. Sono state depositate le motivazioni della sentenza che a fine marzo ha portato il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Martina Scuderoni e Francesca Pulvirenti), ad emettere quindici condanne, per i coinvolti nel blitz antimafia “Extra fines” (portato avanti dagli investigatori della Dda nissena e da quelli romani). Il boss Salvatore Rinzivillo, in primo grado, è stato giudicato dal gup del tribunale di Caltanissetta, avendo scelto il rito abbreviato. Il collegio penale del tribunale, invece, ha pronunciato condanne per i fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo (venti anni di detenzione per i fatti successivi al 2008) e Crocifisso Rinzivillo (trenta anni di reclusione in continuazione con precedenti verdetti). Sarebbero stati loro, seppur detenuti in carcere ormai da anni e sotto regime di 41 bis, a dare il comando della famiglia di Cosa nostra all’altro fratello, Salvatore. Si sarebbe mosso tra Roma, Gela e la Germania, con contatti frequenti fuori dall’Italia. Intorno a lui, avrebbero gravitato sodali, finiti nell’inchiesta e nel giudizio. Dodici anni sono stati imposti a Rosario Cattuto, già condannato per il troncone “Druso”. Il collegio ha disposto la condanna anche per Carmelo Giannone e Angelo Giannone, padre e figlio impegnati nel commercio ittico. In base alle indagini, avrebbero sfruttato la vicinanza di Salvatore Rinzivillo non solo per allargare l’attività in altre province ma anche per riscuotere crediti o pretendere condizioni di favore. Gli inquirenti accertarono che uno dei loro capannoni venne messo a disposizione per una riunione tra esponenti dei clan. Carmelo Giannone è stato condannato a dodici anni di detenzione; Angelo Giannone a sette anni e nove mesi. Ad entrambi sono stati imposti altri quattro mesi, per una delle contestazioni definite con il rito abbreviato, che ha determinato invece l’assoluzione per accuse legate al possesso di armi. Dieci anni e otto mesi sono stati pronunciati per Alfredo Santangelo, imprenditore etneo che avrebbe fatto da tramite economico per i Rinzivillo. Otto anni per Antonio Maranto e sei anni a Giuseppe Rosciglione, che avrebbero dato la loro disponibilità per le messe a posto di operatori del settore ittico, in province dove gli affari dei Rinzivillo, secondo gli inquirenti, si stavano sviluppando. Sei anni e otto mesi sono stati imposti a Francesco Maiale, altro operatore del settore ittico che si sarebbe messo a disposizione. Sette anni di reclusione sono stati decisi per Luigi Rinzivillo, legato a Salvatore Rinzivillo da rapporti di parentela. L’attenzione degli investigatori si concentrò sulla sua sala scommesse, in base alle indagini usata anche per riunioni decise da Salvatore Rinzivillo. Sei anni e otto mesi sono stati pronunciati per Umberto Bongiorno, che attraverso Rinzivillo avrebbe tentato di concretizzare investimenti commerciali nella zona di Roma. Sei anni e otto mesi anche per Vincenzo Mulè, ritenuto molto vicino a Rinzivillo, anche rispetto all’intenzione di riallacciare rapporti negli Stati Uniti. Per le posizioni dei fratelli Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo, ma anche per quelle di Luigi Rinzivillo, Umberto Bongiorno, Rosario Cattuto, Angelo Giannone e Carmelo Giannone, sono state pronunciate assoluzioni, ma solo per alcune delle accuse che venivano mosse. E’ stato assolto, con tutte le accuse cadute, l’imprenditore Emanuele Catania. Dall’indagine “Extra fines” era emersa una sua possibile contiguità al gruppo dei Rinzivillo e al boss sessantenne. Tra le contestazioni, l’essersi messo a disposizione per un presunto investimento economico in Marocco e gli inquirenti l’hanno considerato come connessione commerciale di Rinzivillo, anche nei rapporti con i palermitani Guttadauro e con i Giannone. L’imprenditore, difeso dall’avvocato Giacomo Ventura, si è sempre detto estraneo ai piani di Rinzivillo, anzi nel corso del tempo ha raccontato di aver più volte subito danneggiamenti e minacce per la messa a posto. Il collegio penale ha pronunciato l’assoluzione, revocando ogni misura restrittiva imposta all’imprenditore, che gestisce un importante gruppo nel commercio ittico su larga scala, anche a livello nazionale. Sono state accolte le richieste del difensore e dissequestrate tutte le sue quote societarie. Assoluzione anche per Fabio Stimolo (difeso dal legale Mirko Maniglia), che era finito nell’indagine perché a sua volta considerato vicino al gruppo di mafia. Già il pm della Dda aveva chiesto una decisione favorevole nei suoi confronti. Assoluzione anche per Luigi Savoldi. Assolto Giuseppe Licata, titolare di aziende nel settore dell’autotrasporto e dei mezzi da lavoro. Il collegio ha escluso qualsiasi suo legame con Rinzivillo, al quale non ha fornito sostegno, come già spiegato dal suo legale, l’avvocato Flavio Sinatra. Assoluzione piena infine per Antonio Passaro.

Con un passato da affiliato, che non ha mai negato, ha però sempre spiegato di essersi da tempo allontanato dagli ambienti criminali. Il suo ruolo, ipotizzato dagli inquirenti, è stato del tutto rideterminato dalle difese, sostenute dagli avvocati Giovanna Cassarà e Antonio Gagliano. I legali hanno ribadito che Passaro non avrebbe avuto rapporti di nessun tipo con Rinzivillo e non si sarebbe mai messo a disposizione per estorsioni o per il recupero coatto di crediti. Nei suoi confronti erano stati chiesti otto anni di reclusione. Il collegio ha accolto la linea difensiva, assolvendolo. Inoltre, per Carmelo Giannone ed Angelo Giannone è stata disposta la confisca di beni per circa 70 mila euro e delle quote di una delle loro società. Confisca che i giudici hanno decretato anche per somme e beni riconducibili ad Umberto Bongiorno. Il collegio penale, nelle motivazioni depositate, analizza tutti gli elementi forniti dall’accusa, in aula sostenuta dal pm dell’antimafia Luigi Leghissa. Per i giudici, il clan Rinzivillo si stava riorganizzando, puntando sui rapporti intrecciati dal sessantenne Salvatore Rinzivillo, anche con insospettabili. Con le motivazioni depositate, le difese stanno preparando i ricorsi e si rivolgeranno alla Corte d’appello di Caltanissetta. Nel corso del complesso dibattimento, tutti gli imputati hanno respinto le accuse, ma il nucleo principale delle contestazioni ha retto, in attesa della valutazione dei giudici di secondo grado. Tra i legali di difesa, ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Riccardo Balsamo e Boris Pastorello.

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