Gela. Con i presidi organizzati dai lavoratori edili della Turco Costruzioni, che hanno già ricevuto trentasei provvedimenti di licenziamento e da giorni sono in strada a protestare, anche la politica torna ad interessarsi di vicende che in campagna elettorale non sempre garantiscono riscontri (voti). Un’interrogazione all’Ars è stata presentata dal deputato dem Giuseppe Arancio. “Il governo regionale convochi i vertici dell’Eni – dice – i licenziamenti sono scattati senza un giustificato motivo. Serve un intervento urgente da parte delle istituzioni regionali per chiederne la revoca. Dovrà essere Eni a pagare gli stipendi arretrati, decurtando le somme dalle spettanze destinate all’impresa”. Solo ventiquattro ore prima, sul tavolo della presidenza del consiglio comunale, è stata presentata una richiesta di seduta monotematica, proprio sulla vicenda ma anche su tutto quanto ruota intorno ad Eni, dall’accordo di programma al masterplan per gli investimenti. Insomma, la politica si è svegliata, forse troppo tardi, mentre dalla stanza del sindaco Domenico Messinese non arrivano segnali, anche se la missione maltese si è conclusa già da qualche giorno.
Gli operai della Turco ma non solo. Gli operai stanno protestando ad oltranza, ma la soluzione non sembra affatto dietro l’angolo. Quello degli edili, oggi in strada, è solo l’ultimo caso di una piramide della disperazione occupazionale, che ha iniziato a prendere forma dopo la chiusura del protocollo di intesa del novembre 2014, che ha sancito la conversione green della fabbrica di contrada Piana del Signore, sostanzialmente condannando l’indotto di raffineria ad un ruolo quasi marginale e riducendo la forza lavoro anche tra i ranghi del diretto. Tra qualche mese, finito il periodo di picco occupazionale nei cantieri per la green refinery, in strada ci finiranno altre centinaia di operai, che usciranno ancora una volta dal ciclo produttivo della multinazionale. I manager del cane a sei zampe l’hanno più volte ribadito, i numeri non potranno più essere quelli del passato. Con l’accordo di programma fermo al palo, con l’area di crisi complessa che non si sa bene quale futuro possa avere e con una programmazione di investimenti piuttosto confusa, la piramide della disperazione occupazionale assumerà dimensioni imponenti. Per questo motivo, la soluzione non è solo quella di ricollocare i licenziati di Turco Costruzioni e assicurargli i pagamenti dovuti, ma istituzioni, politica e sindacato, sempre che ci riescano, dovrebbero trovare la nota giusta alla vertenza indotto, con tutto ciò che gli ruota attorno, in attesa che le slide dell’amministrazione comunale si trasformino in occasioni di lavoro vero.