I morti dell’ex impianto clorosoda, i familiari: “Chiediamo risposte dopo la chiusura dell’incidente probatorio”

 
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Gela. “Stiamo cercando di capire che sorte avrà il procedimento penale aperto sul caso dei morti nell’ex impianto Clorosoda della fabbrica Eni. Sono passati quasi sei mesi dalla chiusura dell’incidente probatorio”.

“Chiediamo di fare in fretta”. A lanciare l’appello sono Orazio Mili e Massimo Grasso, componenti del comitato dei familiari delle vittime e, a loro volta, figli di ex operai di quell’impianto. Lo scorso gennaio, il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Molinari ha decretato la chiusura dell’incidente probatorio, una fase necessaria ad acquisire elementi tecnici da utilizzare nell’eventuale proseguo del procedimento. Sotto indagine sono finiti diversi ex responsabili della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore e supervisori dell’impianto clorosoda. “Vogliamo capire se la procura intenda chiedere il rinvio a giudizio dei tanti indagati – continuano Mili e Grasso – sappiamo che la mole di atti da vagliare è veramente imponente, oltre ad una perizia tecnica da quasi cinquemila pagine. Non vorremmo, però, che si concretizzi lo spettro della prescrizione che non darebbe giustizia né alle nostre famiglie né, tantomeno, alla città”.

Periti incerti sull’esistenza del nesso di causalità. Allo stato attuale, sono una ventina i lavoratori di quell’impianto deceduti. Oltre cento, già in servizio fino al 1994, si sono costituiti parte civile. L’incidente probatorio è servito soprattutto a verificare e analizzare la maxi perizia redatta dal collegio composto dai ricercatori e docenti universitari Arnaldo Capelli, Ivo Iavicoli, Fabio De Giorgio e Salvatore Caputo. Il loro lavoro è finito al centro del confronto giudiziario tra pm della procura, legali degli indagati e avvocati di parte civile. Stando ai periti sentiti in aula, nella maggior parte dei casi, non ci sarebbero elementi certi per collegare le patologie contratte dagli operai alla loro esposizione a sostanze presenti sul luogo di lavoro. Quindi, la quotidianità lavorativa vissuta, per decenni, dagli operai dell’impianto rientrerebbe “nella normale casistica di altri impianti dello stesso tipo”. Così, Mili e Grasso si rivolgono non solo al nuovo sindaco Domenico Messinese ma anche al presidente del tribunale Paolo Fiore. “Noi abbiamo fiducia nella magistratura e nelle istituzioni – concludono – sappiamo che tutti hanno interesse ad avere chiarimenti sul caso clorosoda. Purtroppo, in passato, la politica locale ha girato le spalle ai familiari dei morti”.

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