Caltanissetta. Da un lato l’orgoglio di aver consentito, con la propria coraggiosa denuncia, di fare arrestare e condannare estortori e usurai della famiglia Bonfanti-Zuzzè di Villalba.
Dall’altro l’amarezza di aver avuto accanto soltanto l’associazione antiracket di Gela “Gaetano Giordano” e non l’amministrazione comunale di Villalba. Si aspettava un atteggiamento diverso dopo la denuncia l’imprenditore Rosario Plumeri e dei due figli Roberto e Giuseppe. L’operazione “vecchia maniera” dello scorso dicembre ha già portato ai primi verdetti ma con un pizzico di amarezza i Plumari ringraziano solo il presidente dell’Antiracket di Gela Renzo Caponetti, “perché – hanno evidenziato – l’associazione “ci è stata sempre vicina e ci ha accompagnati in tutte le evoluzioni dell’operazione”.
Con un certo rincrescimento, però, sottolineano che l’amministrazione comunale né si è costituita come parte civile nel giudizio, né ha ritenuto di voler avviare un pubblico dibattito sui fatti che ne erano stati oggetto. “Sono contromisure invece oramai usualmente adottate dalla altre amministrazioni comunali – evidenzia Caponetti – come forte segnale di discontinuità rispetto ad un triste passato e, soprattutto, di affermazione di legalità rispetto alle stesse comunità amministrate”. Gela ad esempio si è sempre costituita parte civile in tutti i processi di mafia. Caponetti ha seguito il processo ed è stato sempre al fianco degli imprenditori, infondendogli coraggio.
Il processo contro i coniugi Bonfante ha portato ad una condanna a quasi 22 anni in primo grado dal Tribunale di Caltanissetta per i reati di estorsione ed usura perpetrati ai danni della famiglia Plumeri. In particolare a Paolo Bonfanti sono stati inflitti nove anni ed otto mesi di detenzione, mentre nei confronti dei coniugi Loreto Bonfanti e Vincenza Zuzzè, genitori del primo, giudicati con rito abbreviato in composizione collegiale, sono state emesse condanne per 5 anni e 9 mesi di reclusione ciascuno.