Gela. Due anni fa, ad elezioni amministrative concluse, erano cinque.
“Quando il re è nudo…”. Oggi, la truppa dei crocettiani in consiglio comunale è ridotta ai minimi termini, con la sola Sara Bonura rimasta a difendere una bandiera piuttosto rabberciata. Antonio Torrenti, tra i primi a dire addio all’ormai ex presidente della Regione, non ha ancora trovato casa, almeno all’assise civica, ma tiene a marcare le differenze. “Alla fine – spiega – tutti i miei dubbi si sono rivelati fondati. Ho scelto di lasciare il Megafono perché i vertici erano interessati solo a collocarsi, senza dare una linea guida a noi consiglieri. Eravamo abbandonati. Dopo l’addio di Carmelo Casano, chiedemmo di avere un maggiore coordinamento, ma non ho ricevuto alcuna risposta. La battaglia sulle compensazioni minerarie di Eni, negate dalla Regione, l’ho sostenuta senza alcun appoggio, riprendendo quanto era stato denunciato dal consigliere Guido Siragusa. L’abbandono di Maria Pingo e Giuseppe Guastella? Probabilmente, quando il re è nudo tutti cercano di evitare il peggio”.
“Chi ha avuto vantaggi?”. Torrenti, mesi fa, si era schierato con la mozione di sfiducia, pur non avendola mai firmata, e i rapporti con la giunta non sembrano affatto migliorati. “Non ho firmato la sfiducia – continua – perché attendevo di valutare, in aula, le parole del sindaco. Invece, il presidente Alessandra Ascia ha deciso di non calendarizzare la discussione”. Ma dietro alle posizioni di Torrenti, attualmente confluito nel gruppo misto, ci sono interessi diversi da quelli politici? In municipio, non sono mancate voci che hanno collegato le sue scelte alle mosse del consorzio di aziende del quale è dipendente. “Sono tutte assurdità – conclude – il consorzio per il quale lavoro non ha interessi a livello locale. In due anni, nessuna azienda del nostro consorzio è stata qualificata per i lavori in Eni. Quindi, non so proprio quali interessi dovrei tutelare. Forse, sono altri ad aver avuto riscontri favorevoli che, di certo, non riguardano né me né la mia attività lavorativa”. In tempi di sfiducia fallita e urne che attendono di dare il verdetto, i veleni non mancano, a cominciare dai corridoi del municipio.