Grasso:”Gela non è più quella di 25 anni, basta denunciare ma non servono eroi”

 
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Gela. Il pizzo si paga ancora, ma in una percentuale minima. Forse poco più del dieci per cento subisce ancora estorsioni.

Di certo a Gela i tempi bui sono stati messi alle spalle. Lo dimostra il costante aumento dei commercianti che denunciano”. Sono i numeri snocciolati dall’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, durante il convegno di presentazione del libro “Mai più soli” curato da Tano Grasso e promosso dalla Federazione antiracket italiana (Fai). L’evento letterario ieri ha fatto tappa nell’aula magna liceo classico “Eschilo”, dove Tano Grasso, autore del volume e socio onorario del Fai, è stato affiancato da Mariateresa Cucinotta (prefetto di Caltanissetta), Lucia Lotti (procuratore), Pippo Scandurra (presidente della Fai) e Santi Giuffrè (commissario straordinario antiracket). A fare gli onori di casa è stato Gioacchino Pellitteri, dirigente del liceo classico.  

L’antiracket in città festeggia il 19 maggio prossimo il suo decennale. Gli associati sono aumentati. E’ stata raggiunta quota 175, trenta dei quali hanno aderito col nuovo anno.

“Mai più soli è il titolo del mio libro – spiega Tano Grasso – e un messaggio per sottolineare agli imprenditori che non saranno mai più lasciati soli nel confronto con l’organizzazione mafiosa. Non può esistere per due ragioni. Da un lato per la presenza dell’associazione antiracket, dall’altro perché le istituzioni dello stato, in particolare polizia giudiziaria e autorità giudiziaria, rispetto a 25 anni fa hanno un atteggiamento completamento diverso a favore della vittima. La ragione che muove il libro è che denunciare non significa proiettarsi in una condizione eroica e vivere con la scorta. Che ciò non accada dipende flessibilità nel trattare le vittime. Il rischio è che il fenomeno possa ripresentarsi. Non abbiamo vinto una guerra ma molte battaglie. Il libro non racconta fatti specifici accaduti a Gela ma un modello teorico costruito sulla base di 25 anni di esperienza”. “Dobbiamo ricordare da dove veniamo – dice Santi Giuffrè – Oggi l’imprenditore, ascoltato come vittima, ammette di subire estorsioni. Dobbiamo mirare al sogno, sperando che sia l’imprenditore a bussare sulla porta delle forze dell’ordine per denunciare”.

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