Gela. Vanno condannati perché, in base alle risultanze sia dell’indagine antimafia “Tagli pregiati” che della lunghissima istruttoria dibattimentale, sono risultati
comunque vicini alle famiglie di cosa nostra gelese, presenti anche in Lombardia, garantendo supporto in diversi settori criminali.
Gli affari di cosa nostra gelese in Lombardia. I pubblici ministeri della Direzione Distrettuale antimafia di Caltanissetta Davide e Gabriele Paci hanno chiuso le rispettive istruttorie, richiedendo tredici condanne. Così, per i magistrati nisseni nove anni ciascuno di reclusione vanno imposti a Mirko Valente, Patrizio D’Angiò e Salvatore Arria, otto anni per Rosario Saccomando, sette anni per Giorgio Cannizzaro, Alfredo Santangelo, Claudio e Vincenzo Alfieri, sei anni e sei mesi a Mhmdhi Jamil, cinque anni e sei mesi per Francesco D’Amico e Francesco Angioni, quattro anni a Maura Bartola, tre anni ad Angelo Bernascone. L’assoluzione è sta chiesta, invece, per Benito Rinzivillo, Emanuele Terlati, Salvatore Azzarelli, Matteo Romano, Giovanna Guaiana, Roberto Ansaldi, Simone Di Simone e Ileana Curti. Durante la terza udienza consecutiva dedicata alla requisitoria dei pm della Dda nissena, sono emersi nuovi particolari rispetto agli affari in Lombardia del gruppo Rinzivillo e di quello degli Emmanuello. Tra i punti di riferimento economici, ci sarebbe stato Rosario Saccomando, giunto nella zona di Busto Arsizio per cercare di avviare attività edili, comunque sotto la sfera di cosa nostra. Un ruolo che, già da prima, sarebbe stato svolto da Angelo Bernascone, ritenuto il tramite dei Rinzivillo nell’acquisizione di appalti al nord. Le casse della mafia gelese, però, sarebbero state riempite sfruttando anche settori tradizionali, come il giro di droga e le estorsioni. “I soldi si facevano – hanno detto i pm in aula – utilizzando insospettabili, intestandogli società destinate ad ottenere finanziamenti, spesso favoriti da conti gonfiati. Ovviamente, non sono mancati funzionari di banca compiacenti e professionisti pronti a rispondere alle richieste”. Uno spaccato economico di cosa nostra gelese al nord, capace di arricchirsi muovendo manodopera in nero o a basso costo. Le richieste sono state formulate davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Lirio Conti, a latere Silvia Passanisi e Marica Marino. Anche le parti civili hanno sostenuto le richieste arrivate dai pm. Si sono costituiti l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, con l’avvocato Giuseppe Panebianco, il Comune, rappresentato dall’avvocato Salvatore Caradonna, la Fai e la Fondazione antiusura padre Pino Puglisi. Nel pool di legali che assiste gli imputati, invece, ci sono gli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Maurizio Scicolone, Nicoletta Cauchi, Raffaella Nastasi, Cristina Alfieri e Vincenzo Lepre. Spetterà a loro concludere nel corso delle prossime udienze, prima della decisione finale del collegio penale.