Gerbino era broker della droga, i sequestri, la cocaina nel panificio e la condanna per “Malleus”

 
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Gerbino trattava anche nell'autolavaggio dove formalmente era impiegato

Gela. “Alta delinquenza”, così la definiscono gli investigatori che hanno messo a segno il blitz “Boomerang”, individuando una rete di spaccio, capace di mettere insieme interessi di più aree dell’isola, da Gela e fino a Catania e Vittoria. A controllare il giro, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il quarantaseienne Giacomo Gerbino. Lo scorso dicembre, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno confermato la sua condanna a due anni di reclusione, dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta “Malleus”. Verdetto sicuramente molto più leggero rispetto a quelli imposti ad altri presunti complici. Il fratello Massimo, nello stesso giudizio, è stato condannato a ventuno anni di detenzione, in continuazione con una precedente sentenza. I pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, che coordinarono anche quell’indagine, ritennero che il gruppo di spacciatori fosse legato a doppio filo alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo. Dopo la chiusura dell’inchiesta “Boomerang”, pur senza una contestazione formale di questo tipo, i magistrati nisseni e i carabinieri del reparto territoriale, coordinati dal colonnello Antonio De Rosa, non escludono che gli interessi delle cosche possano aver influito su un affare da circa 35 mila euro al mese. Cosa nostra e Stidda insieme, senza farsi la guerra. Gerbino, che intanto era sottoposto agli arresti domiciliari ma con un permesso lavorativo, avrebbe continuato a spacciare e a gestire i propri interessi, pure mentre era sotto processo e nonostante le attenzioni rivoltegli dalle forze dell’ordine. Sarebbe passato tutto da lui e dal presunto braccio destro, il trentaquattrenne Salvatore Gambino. Durante le perquisizioni, nella sua panetteria sono stati sequestrati dieci grammi di cocaina. Secondo gli inquirenti, gli indagati avrebbero preferito non spacciare al minuto, ma muovere quantitativi notevoli, anche facendo da intermediari tra i catanesi (che fornivano cocaina e hashish) e i vittoriesi (specializzati nella marijuana).

L’autolavaggio nel quale formalmente lavorava Gerbino sarebbe diventato il crocevia delle trattative. La droga la piazzavano anche a credito, ma chi non si metteva a posto con i pagamenti, rischiava grosso. Secondo gli inquirenti, diversi incendi d’auto vennero commissionati come avvertimenti. Nelle carte dell’indagine, sono finiti diversi sequestri effettuati in passato. Nel gennaio di un anno fa, nei pressi del centro direzionale Enimed, venne fermato un corriere catanese, che a bordo della sua Suzuki trasportava quasi cinque chili di marijuana. Un mese dopo, toccò a Salvatore Biundo, anche lui raggiunto da provvedimento di custodia cautelare in carcere, che nell’auto aveva più di trenta grammi di cocaina. Normalmente, quando si parlavano al telefono avrebbero usato parole di copertura, riferendosi ad auto, ma senza trarre in inganno gli inquirenti che si erano ormai messi sulle loro tracce.

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