Gela. Le armi delle famiglie di cosa nostra locale venivano nascoste in diverse aree rurali della città. Le armi della mafia. A rivelare le strategie dei gruppi mafiosi, all’epoca ancora in lotta tra loro, è stato Giuseppe Scicolone, oggi collaboratore di giustizia e ritenuto dagli inquirenti il vero armiere di cosa nostra. “Le armi le nascondevamo nei pressi di diverse aziende agricole, compresa quella della mia famiglia – ha detto in aula davanti al collegio penale del tribunale – venivano utilizzate per le rapine, per gli omicidi ma anche per i danneggiamenti. Ricordo che fu Nunzio Cascino, dopo essere ritornato dalla Germania, a chiedermi un fucile a pompa e alcune auto di grossa cilindrata perché aveva programmato di assaltare un mezzo portavalori lungo la Gela-Butera. Il fucile me lo fece trovare Giacomo Cagnes”. A processo, a rispondere di questi fatti ma anche delle estorsioni imposte a due imprenditori edili locali, ci sono lo stesso Cagnes, oltre a Giovanni Avvento, Orazio Meroni e Giuseppe Stimolo. “Le riunioni per decidere di colpire Emanuele Burgio – ha continuato – vennero organizzate a Montelungo, in un immobile nella disponibilità di Giuseppe Stimolo”. Stando a Scicolone, che in aula ha risposto alle domande del pm della Dda di Caltanissetta Luigi Leghissa e a quelle dei difensori degli imputati, sarebbe stato Giovanni Avvento ad occuparsi di fare da tramite con il latitante Daniele Emmanuello, reggente di cosa nostra successivamente morto durante un blitz delle forze dell’ordine. Con Orazio Meroni, invece, ci sarebbero state tensioni legate al controllo delle guardianie tra le aziende agricole delle aree rurali. “Credeva che avessi dato io l’ordine di fargli bruciare l’automobile – ha proseguito – così, sparò al portone di ingresso della mia abitazione. Come risposta, gli feci trovare una piccola bara davanti alla sua abitazione, insieme a diversi proiettili. Alla fine, però, tutto rientrò”. In base a quanto emerso dalle dichiarazioni rese, sarebbe stato Giacomo Cagnes, già in forza alla marina militare, a fornirgli diverse armi. “Erano in una cassa sotterrata nei pressi di un’abitazione in contrada Priolo – ha spiegato – c’erano un fucile a pompa, una calibro nove, una pistola 7,65 e anche una mitraglietta uzi”. Proprio su questo punto, il difensore di Cagnes, l’avvocato Carmelo Tuccio, ha comunque contestato la ricostruzione fornita dal collaboratore di giustizia. Per la difesa, infatti, l’eventuale fucile messo a disposizione di Scicolone sarebbe stato solo un regalo personale, senza alcun legame con vicende interne ai gruppi criminali locali. Nel pool difensivo, inoltre, ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Raffaella Nastasi, Mariella Giordano e Giuseppe Di Stefano.