Gela. Si sarebbe ucciso, sparandosi con la pistola d’ordinanza, la notte tra l’1 e il 2 novembre di due anni fa all’interno della sua abitazione di viale Scala greca a Siracusa. Adesso, sulla vicenda dell’allora carabiniere ventottenne Sergio Moca, la procura aretusea ha chiesto l’archiviazione.
Stando ai magistrati, il giovane carabiniere gelese, che viveva proprio a Siracusa, si sarebbe suicidato. Una richiesta, però, contestata dalla famiglia Moca. Così, già la prossima settimana, l’avvocato Giacomo Di Fede, legale che rappresenta la madre del carabiniere, chiederà formalmente al giudice per le indagini preliminari la prosecuzione dell’attività investigativa.
I familiari sospettano, sull’intera vicenda, la presenza di troppe anomalie. La madre non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio: così, ha scelto di scrivere una lettera aperta, indirizzandola ai magistrati del tribunale siracusano.
Sergio Moca appariva piuttosto sereno e, il giorno successivo a quello della sua morte, si sarebbe dovuto recare in città a fare visita ai familiari. In base alla ricostruzione fornita dagli investigatori, il carabiniere si sarebbe sparato mentre, nella notte, si trovava già a letto insieme alla moglie. Il ventottenne, all’arrivo degli agenti di polizia, indossava ancora il pigiama.
L’avvocato Di Fede contesta diverse incongruità. Anzitutto, a non convincere sono alcune impronte digitali, diverse da quelle del ventottenne, ritrovate sull’arma utilizzata per fare fuoco. Secondo gli inquirenti, sarebbero state lasciate dal cognato che, giunto nella stanza da letto, avrebbe toccato la pistola.
Le contestazioni mosse dal legale si fondano anche sullo stato dei denti del giovane, ritrovati per buona parte spaccati. Elementi che non farebbero del tutto propendere per l’opzione dell’eventuale suicidio.
Le anomalie registrate durante la fase d’indagine, ritenuta fin troppo breve, si estendono al fronte delle perizie tecniche effettuate subito dopo l’intervento nell’appartamento di viale Scala greca. La famiglia non sarebbe mai stata messa al corrente delle operazioni. Per queste ragioni, l’avvocato Di Fede si opporrà all’archiviazione del caso.