Gela. Non ci sarebbero elementi utili ad ipotizzare responsabilità dietro alla morte di una trentatreenne. La donna, nel settembre di due anni fa, a bordo della sua auto, finì in mare, al porto rifugio. I pm della procura hanno chiesto di archiviare. Per gli investigatori, si trattò di un suicidio. La trentatreenne decise di farla finita, lasciando tre figli, due nati da un matrimonio poi finito e l’altro dal rapporto con il nuovo convivente. Si sarebbe uccisa al culmine di un periodo di forte depressione e di problemi psichici. L’auto venne recuperata nei fondali del porto. I magistrati della procura, dopo aver avviato le indagini, non hanno ritenuto fondate né l’ipotesi di un’eventuale istigazione al suicidio né quella di un possibile omicidio colposo. Il caso della trentatreenne, da quanto emerse, era comunque noto. In pochi anni, ci sarebbero stati più di cento ingressi al pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele e diversi ricoveri.
Con l’auto in mare. Poche ore prima di lanciarsi con l’auto in mare, aveva già tentato il suicidio. Trasportata al pronto soccorso, in condizioni non gravi, si sarebbe allontanata. Il convivente, però, ha scelto di opporsi all’archiviazione. Attraverso il legale di fiducia, l’avvocato Salvo Macrì, verrà formalizzata proprio l’opposizione. Per l’uomo, bisognerebbe approfondire quanto accaduto nelle ore precedenti alla morte e, soprattutto, se ci sia stata una sottovalutazione da parte di medici ed esperti. La richiesta di archiviazione formulata dai pm arriva dopo l’esame del contenuto di una perizia, redatta da un consulente.