Gela. Sei assoluzioni e due condanne, con l’esclusione della responsabilità di Rete ferroviaria italiana. Si è concluso così il giudizio di primo grado, scaturito dall’inchiesta avviata dopo il drammatico incidente sul lavoro del luglio di sette anni fa, quando tre ferrovieri, Antonio La Porta, Vincenzo Riccobono e Luigi Gaziano, vennero travolti e uccisi da un convoglio in transito lungo la tratta Gela-Canicattì, tra le contrade Carrubba e Burgio. Per i lavoratori non ci fu nulla da fare. L’impatto fu terribile. I carabinieri e i sanitari intervenuti sul posto non poterono far altro che accertare il decesso. Il giudice Miriam D’Amore, al termine di un’istruttoria dibattimentale molto complessa, basata su dati tecnici e consulenze, ha emesso il dispositivo. L’assoluzione è stata pronunciata per Michele Mario Elia, ex amministratore delegato di Rfi (la procura ne chiedeva la condanna ad otto anni di detenzione); Andrea Cucinotta, della direzione territoriale di Palermo (la richiesta di condanna era a sette anni di reclusione); Giovanni Costa, della direzione tecnica (per lui erano stati chiesti sei anni e sei mesi di detenzione); Concettina Vitellaro, dirigente della direzione di Caltanissetta (la richiesta dei pm era di condanna a sei anni); Pietro Messina, capo impianto del reparto lavori (la richiesta di condanna era a sei anni di detenzione). L’assoluzione è stata confermata dal giudice D’Amore anche per il capo reparto pianificazione dell’unità di Palermo, Carmelo La Paglia. Per la sua posizione, dai banchi dell’accusa era già stata avanzata una richiesta analoga. Sono stati invece ritenuti responsabili e condannati a due anni di detenzione, con pena sospesa e non menzione, il responsabile della tratta Gela-Canicattì Rosario Ciluffo, e il dirigente della sala di coordinamento Pietro Muscolino. Al termine della loro requisitoria, i pm Federica Scuderi e Ubaldo Leo, che hanno seguito l’intera istruttoria, lavorando sul caso, avevano chiesto sette anni per Ciluffo e sei anni e sei mesi per Muscolino. Secondo i pubblici ministeri (in aula sia durante la requisitoria che al momento della lettura del dispositivo c’era anche il procuratore capo Fernando Asaro), la morte dei tre operatori non fu una fatalità. Nel corso della loro requisitoria, infatti, hanno parlato di “una vera e propria prassi operativa attuata dai più alti livelli e fino a quelli più bassi”. Rfi, in base a quanto è stato spiegato dalla procura, avrebbe autorizzato “prassi in spregio della sicurezza sul lavoro”. Quello di sette anni fa, sulla tratta locale, per i pm fu uno dei “fatti più gravi avvenuti in Italia sulla rete ferroviaria”. Tutti gli imputati, tra le altre contestazioni, rispondevano di omicidio colposo. Il giudice ha disposto le sei assoluzioni, oltre a quella della società Rete ferroviaria italiana, accogliendo la linea delle difese, anche se le motivazioni verranno successivamente depositate.
I difensori, invece, hanno ricostruito quelle vicende, sostenendo che tutte le prassi e i protocolli aziendali vennero rispettati. Non hanno escluso l’ipotesi di un errore, fatale, commesso dagli operatori, che si trovavano su quel tratto per effettuare delle riparazioni. Nel dispositivo finale, il giudice ha escluso la parte civile, l’associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro. Gli imputati sono difesi dai legali Maurizio Buggea, Francesco Bertorotta, Fabrizio Biondo, Vincenzo Lo Re, Giuseppe Scozzari, Paolo Spanti, Giovanni Spada e Francesco Crescimanno.