Gela. Imprenditori, consulenti, professionisti e presunti prestanome. A quasi tre anni di distanza dall’inchiesta “Cash Flow” che condusse ad emettere provvedimenti nei confronti di cinquantadue indagati, arriva la richiesta di rinvio a giudizio.
La richiesta di rinvio a giudizio. A formularla, davanti al giudice dell’udienza preliminare Fabrizio Molinari, è stato il pubblico ministero Serafina Cannatà. Stando alla procura, quindi, rimangono validi tutti gli elementi d’accusa che condussero al blitz eseguito dai militari della guardia di finanza e dagli agenti dell’aliquota di polizia della procura. Un’indagine che si mosse sull’asse Gela-Agrigento. Proprio nei due centri avrebbero operato le presunte menti di un giro di false fatture, documenti artefatti con l’obiettivo di ottenere compensazioni fiscali e, addirittura, la riabilitazione di clienti o aziende protestate.
Altri indagati davanti ai giudici di Agrigento. Nell’indagine, finì anche un dipendente dell’agenzia delle entrate. Così, il rinvio a giudizio è stato chiesto, tra gli altri, per l’imprenditore Fabio Fasulo. Il pool di difesa, composto anche dagli avvocati Carmelo Tuccio, Davide Limoncello, Cristina Alfieri, Maurizio Scicolone, Giovanna Zappulla e Walter Tesauro, ha confermato le originarie posizioni, ovvero l’assenza di qualsiasi organizzazione finalizzata a truffare lo stato. Per una parte degli indagati, comunque, il procedimento, già lo scorso settembre, era stato trasferito proprio ad Agrigento.