Facoltà di Medicina, studentessa denuncia tutti i limiti del “Semestre Filtro”
A far emergere queste difficoltà è anche Regina Scordio, studentessa gelese, che denuncia il peso psicologico e formativo di questo sistema .
Gela. L’accesso alla facoltà di Medicina continua a essere oggetto di sperimentazioni che, anno dopo anno, trasformano gli studenti in cavie di un meccanismo selettivo instabile, ma sempre rigidissimo. Mentre l’Italia affronta una delle più gravi carenze di personale sanitario degli ultimi decenni, il paradosso rimane evidente: cresce il bisogno di medici, ma gli aspiranti professionisti vengono fermati prima ancora di avere l’occasione di dimostrare il proprio reale potenziale. A far emergere queste difficoltà è anche Regina Scordio, studentessa gelese, che denuncia il peso psicologico e formativo di questo sistema e che domani sosterrà la prova, simbolo di una generazione chiamata a superare ostacoli che spesso sembrano più selettivi che educativi.
Da anni si parla di un’emergenza medica che attraversa tutto il Paese: reparti sotto organico, turni massacranti, tempi d’attesa insostenibili, un personale sempre più anziano e vicino alla pensione. Le borse di specializzazione sono state a lungo insufficienti, mentre molti giovani laureati scelgono di emigrare in cerca di condizioni lavorative e formative migliori. In questo quadro, mantenere barriere così rigide all’ingresso universitario appare incoerente, se non controproducente. È sufficiente osservare ciò che accade all’estero: in Francia l’accesso al primo anno è libero e la selezione avviene solo alla fine dell’anno; nel Regno Unito si valutano attitudini, colloqui, capacità comunicative, maturità personale. Sistemi diversi, accomunati però da un principio: una selezione progressiva, più umana e meno basata sul mero nozionismo.
La nuova sperimentazione italiana, il cosiddetto “semestre filtro”, viene presentata come un modo per testare la capacità degli studenti di affrontare il ritmo universitario. Ma nella pratica ignora completamente la naturale difficoltà del passaggio dal liceo all’università. In soli due mesi gli studenti si trovano a dover assimilare programmi completi di tre materie diverse. Alla fine, in una sola mattinata, devono sostenere tre esami universitari che decidono il loro destino accademico. Si studia come se si fosse già parte del corso di laurea, ma lo scopo non è formarsi: è sopravvivere alla selezione. Così il primo contatto con la Medicina non diventa un percorso di crescita, ma una prova di resistenza emotiva e fisica. C’è un aspetto che raramente entra nel dibattito pubblico: l’impatto psicologico. I mesi di preparazione al test o al semestre filtro diventano per molti un periodo segnato da ansia costante, confronti continui e una competizione esasperata. Molti studenti si ritrovano a interiorizzare giudizi che pesano come macigni: “Forse non sei portata”, “Se non reggi ora, come farai dopo?”, “Tanti falliscono, abituati”.
Parole che si attaccano alla pelle e rischiano di comprometterne la motivazione, la fiducia, persino la salute mentale. Eppure, dietro queste incertezze, c’è una generazione che continua a resistere, a studiare, a credere nella propria vocazione. Chi affronta questo percorso impara presto a misurarsi con i propri limiti, ma anche con la propria forza. C’è chi, nonostante tutto, sceglie di restare, studiare in Italia, formarsi qui e diventare il medico che sogna di essere. Non per ostinazione, ma per amore verso un lavoro che è, prima di tutto, una missione. Il valore di uno studente non si esaurisce in un test né in un semestre compresso in poche settimane. Si misura invece nella passione, nella dedizione e nel desiderio autentico di aiutare gli altri.
Il sistema italiano ha bisogno di cambiare. Non per rendere la vita più facile agli studenti, ma per garantire al Paese professionisti preparati, motivati e non già stremati prima ancora di indossare il camice. La selezione può e deve essere rigorosa, ma non crudele. Può essere difficile, ma non disumana. Prima di essere futuri medici, questi giovani sono persone: ragazze e ragazzi che scelgono di dedicare la propria vita agli altri, e che meritano un percorso che riconosca il loro valore, non che lo annienti.
A chi prova il semestre filtro da anni e a chi lo affronta per la prima volta: che domani sia un traguardo, non una sconfitta.
11.4°