Gela. Quel parto causò conseguenze irreversibili al neonato, oggi affetto da una paralisi cerebrale che ha determinato un ritardo generale. Una vicenda che finì all’attenzione dei magistrati della procura, a seguito delle segnalazioni dei genitori del piccolo. Fatti che hanno portato a processo i medici dell’equipe, che seguirono tutte le lunghe fasi. Lo scorso anno venne disposto il rinvio a giudizio dei quattro imputati, al momento dei fatti tutti in servizio all’ospedale “Vittorio Emanuele”. Le contestazioni vengono mosse a Michele Palmeri, Luigi Giudice, Franca Gualato e Concetta Benenati. Un altro medico venne invece assolta in fase di udienza preliminare (difesa dal legale Angelo Cafà). Questa mattina, davanti al giudice Miriam D’Amore, sono stati sentiti, in qualità di testimoni, i genitori del bambino. La madre è stata molto dettagliata nel ricostruire quelle lunghe ore. “Durante l’intero travaglio sono stata lasciata sola”, ha detto. Ha spiegato di aver compreso che la situazione non stava volgendo al meglio. Anche il battito del bambino iniziava a preoccuparla. “Quando nacque non ho sentito nessun pianto”, ha spiegato rispondendo alle domande del pm Fabrizio Furnari. In base alle accuse, ci sarebbero state responsabilità proprio dei medici, anche rispetto alle scelte effettuate per condurre il parto. Non venne effettuato un taglio cesareo. “Nonostante quello che stava accadendo il dottor Palmeri – ha riferito la madre del bambino – continuava ad utilizzare l’espressione “la natura farà il suo corso”. La donna però ha ribadito di aver da subito percepito che c’erano delle sofferenze del bambino. “Avvertivo che il battito non andava e addirittura mi fecero una manovra mettendomi le mani sull’addome, quasi facevo fatica a respirare”, ha aggiunto. E’ proprio sulle decisioni assunte durante quelle ore che i pm basano le accuse.
Versioni discordanti sono state rese dal ginecologo che seguì la gravidanza della donna e da un’altra sanitaria che era presente durante le fasi precedenti alla nascita. E’ stato riferito che il dottor Palmeri arrivò solo poco prima della “fase espulsiva”, mentre la madre del bambino ha più volte sottolineato che fu il medico ad “impartire le direttive” e a seguire le attività in corso. E’ emerso che durante l’intera gravidanza non c’erano mai stati segnali preoccupanti. Subito dopo la nascita, a causa delle condizioni critiche, il neonato venne trasferito all’Utin dell’ospedale di Agrigento. Quello che avvenne ha scosso i genitori e la madre ha spiegato che ancora oggi deve convivere con una forma di depressione. “Ma io lotto per mio figlio”, ha continuato. Le difese, come avevano già concluso in fase di udienza preliminare, sono certe invece che gli imputati abbiamo agito secondo i protocolli previsti. I testimoni hanno confermato che il neonato subì una decelerazione del battito cardiaco. Gli scompensi furono così gravi da aver causato conseguenze permanenti. I genitori hanno scelto di stare in giudizio come parti civili, assistiti dall’avvocato Giacomo Ventura. Anche il legale ha avanzato alcune richieste ai testimoni, anzitutto rispetto al quadro clinico complessivo del neonato e alla situazione che si venne a determinare durante il parto.