Gela. Da alcuni mesi, con lo stato di siccità che rende sempre più difficile reperire fonti idriche, in un territorio già sferzato dall’inefficienza delle dighe, si discute della possibilità di riattivare il sistema di dissalazione dell’acqua del mare. Il quinto modulo bis fu in funzione a partire dal 2004. Venne riconsegnato alla Regione nel 2012, quando si trovava già in una condizione di sostanziale stand by. Ripristinare un sistema come quello, secondo chi opera nel settore, richiederebbe risorse ingenti. Il governo regionale ci sta pensando. Intanto, il passato torna a bussare alla porta della stessa Regione. I riferimenti della società Di Vincenzo srl, che in un raggruppamento temporaneo di imprese realizzò e gestì il sistema, si sono rivolti ai giudici amministrativi. Chiedono che proprio la Regione riveda i bilanci consuntivi del 2011 e del 2012 (almeno fino ad aprile). L’assessorato all’energia, stando alle richieste della Di Vincenzo, per quel periodo avrebbe riportato uno stanziamento inferiore rispetto agli oneri di gestione sostenuti dal gruppo. Gli uffici regionali indicarono circa 576 mila euro mentre per la società l’importo effettivo è di oltre un milione ottocentomila euro.
Differenze consistenti che però sulla base della decisione del Tar vanno valutate dal giudice ordinario e non invece da quello amministrativo. “Nel caso di specie la convenzione per la gestione provvisoria dell’impianto di dissalazione – che indica espressamente agli artt. 9 e 10 le modalità di calcolo delle spese sostenute dalla società e delle somme dovute dall’amministrazione – costituisce un rapporto di natura paritetica fra il privato e l’amministrazione, sfornita di ogni potere autoritativo, e le doglianze di parte ricorrente ruotano tutte intorno alla violazione di detta convenzione che disciplina i rapporti tra le parti con valenza contrattuale. La giurisdizione sull’odierna controversia va, dunque, declinata in favore del giudice ordinario presso il quale il ricorso potrà essere riproposto nel termine di legge (art. 11 c.p.a.), salve le preclusioni e decadenze eventualmente intervenute”, si legge in sentenza.