“Disastro ambientale”, arriva il rinvio a giudizio per 22 tra manager e tecnici Eni

 
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Gela. Dovranno rispondere alle accuse davanti al giudice, in dibattimento. Il gup Paolo Fiore, infatti, ha disposto il rinvio a giudizio per manager e tecnici di tutte le aziende del gruppo Eni presenti in città. Devono rispondere di disastro ambientale innominato, che era l’originaria contestazione mossa dai pm della procura, a conclusione di quella che viene ritenuta l’indagine madre sui danni ambientali causati dalla presenza industriale nell’area locale. A processo, fissato per il prossimo 18 ottobre, vanno Giuseppe Ricci, Battista Grosso, Bernardo Casa, Pietro Caciuffo, Pietro Guarneri, Paolo Giraudi, Lorenzo Fiorillo, Antonino Galletta, Renato Maroli, Massimo Barbieri, Luca Pardo, Alfredo Barbaro, Settimio Guarrata, Michele Viglianisi, Rosario Orlando, Salvatore Losardo, Arturo Anania, Massimo Pessina, Enzo La Ferrera, Marcello Tarantino, Gaetano Golisano ed Emanuele Caiola. Il gup, che allo stesso tempo ha disposto il non doversi procedere solo per alcuni capi di imputazione già prescritti, ha accolto le richieste che erano state avanzate dal pm Federica Scuderi. Le difese di tutti gli imputati, invece, hanno respinto la ricostruzione di accusa, escludendo che vi possa essere un nesso tra le attività industriali del gruppo Eni e i danni all’ambiente, invece indicati dai pm. Per i difensori, non ci sarebbero dati certi su una possibile contaminazione ambientale, prodotta dall’industria. Il ciclo produttivo di Eni, a livello locale, avrebbe influito pesantemente sulla salute dei cittadini, con tanto di patologie che superano, in alcuni casi, le medie nazionali. Questa la posizione dell’accusa, che ha fatto leva su diverse perizie tecniche. L’indagine venne chiusa dopo anni di verifiche, mettendo insieme le risultanze dei controlli e dei monitoraggi, affidati soprattutto ai militari della capitaneria di porto, ma anche a tecnici e consulenti scelti dai pm della procura.

Le famiglie dei malati parti civili. Il rinvio a giudizio disposto dal giudice Fiore, va a riscontrare quanto sostenuto anche dalle parti civili, presenti nel procedimento. Erano già state ammesse le costituzioni del Comune, con l’avvocato Dionisio Nastasi, della Regione e del Ministero dell’Ambiente, in giudizio con l’avvocato Giuseppe Laspina. Parti civili sono le associazioni ambientaliste Aria Nuova e Amici della Terra, con i legali Joseph Donegani, Antonino Ficarra e Salvo Macrì, l’Osservatorio nazionale amianto, con gli avvocati Davide Ancona e Lucio Greco, diversi proprietari terrieri che avrebbero risentito negativamente proprio delle emissioni della fabbrica di contrada Piana del Signore e delle attività realizzate fuori dal sito della multinazionale. Costituita è anche la moglie di un ex lavoratore della raffineria, deceduto negli scorsi anni. La donna ha avanzato la richiesta per il tramite dei legali Joseph Donegani ed Emanuele Maganuco. In giudizio ci sono, inoltre, altri lavoratori e operatori agricoli locali, rappresentati dai legali Giuseppe Panebianco, Nicoletta Cauchi, Claudio Cricchio, Tommaso Vespo, Enrico Aliotta, Giovanna Cassarà e Laura Cannizzaro.

“Questo è un territorio che è stato alterato”. “Il rinvio a giudizio – dice l’avvocato Dionisio Nastasi che rappresenta il Comune – mette già un primo tassello. Non è possibile sostenere, anche in aula, che questo sia un territorio salubre, non intaccato da evidenti fenomeni di inquinamento. Non siamo noi a dirlo, ma sono i dati degli esperti che parlano chiaro. Noi porteremo avanti la nostra linea anche in dibattimento, davanti al giudice, adottando tutte le misure necessarie alla prosecuzione del processo”.

2 Commenti

  1. gli attacchi all’industria, ammesso che siano legittimi o meno, continuano imperterriti. Ognuno vuole trarne vantaggi, le richieste di risarcimento fioccano senza accenno di rallentamento.
    La green refinery, concepita come “local content” verso i gelesi, che hanno permesso e favorito la chiusura della più grande raffineria italiana, è fortemente a rischio:
    1° perchè il territorio continua a comportarsi in discontinuità rispetto ad altri territori ospitanti raffinerie (vedi sannazzaro);
    2° perchè per eni non è poi estremamente strategica;
    3° perchè, manco il tempo di ultimare i lavori, che il gasolio (basta vedere i tg) subirà una flessione di mercato senza precedenti, mettendo fuori gioco lo scopo progetto;
    4° perchè siamo al sud, non ci tutela nessuno, e per giunta facciamo di tutto per continuare a comportarci da masochisti sfegatati, dandoci la zappa sui piedi (o martellate sulle b..le) con cadenza quotidiana;
    5° perchè nessuno si rende conto che si sta lottando per i diritti sacrosanti di 36 lavoratori, ma si sta rischiando che un migliaio rimanga senza lavoro quanto prima.

    non meravigliamoci se domani il progetto green refinery viene abortito…

    e non rispolveriamo la cavolata delle bonifiche che daranno lavoro a centinaia di persone per 20 anni, basta riflettere e ricordarsi come e con quante risorse sono state bonificate le aree dello steam reformer, è stato abbattuto il camino di 90 mt, l’ACN, il dissalatore, la caldaia 300, ecc. poche maestranze ultraspecializzate. le bonifiche non si fanno con badile e carriola!!

    SVEGLIA!!!!!

  2. Dillo a tutte le famiglie che hanno perso i loro cari col cancro, siamo esausti vogliamo ambiente e aria salubre sopra ogni cosa prima di tutto!!!!!!!!!!

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