Gela. Il suo nome e cognome era finito in un sito porno, associato ad un video amatoriale.
Un fake (un falso) che però per mesi ha fatto il giro dei telefonini cellulari di giovani e meno giovani che associavano quel filmino alla studentessa del liceo. Oggi la Cassazione ha chiuso una vicenda squallida, confermando la condanna a otto mesi di carcere a carico di una ragazza di 29 anni, Emanuela F., autrice del falso, e responsabile di diffamazione aggravata.
La V sezione penale della suprema Corte ha confermato in via definitiva la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale di Gela e dalla Corte di Appello di Caltanissetta. I fatti risalgono alla fine del 2006 quando una ragazza gelese, attraverso i suoi genitori, ha sporto querela per tutelare il proprio nome e la propria dignità, gravemente danneggiata da ignoti attraverso la creazione e diffusione di un video porno nel quale era inserito il nome della ragazza. In quel video c’era anche il riferimento al liceo scientifico di Gela.
Da quel momento scattarono le indagini, affidate alla polizia posta, che attraverso l’indirizzo Ip ed altri elementi tecnici informatici, riuscì a risalire alla ventinovenne. I poliziotti sequestrarono sia il personal computer che i telefonini cellulari, diventati poi fonti di prova primarie per dimostrare sia il reato che le responsabilità.
Emanuele F. venne condannata alla pena di mesi otto di reclusione e alla provvisionale di 10 mila euro in favore della minore, assistita nel corso del lungo processo dall’avvocato Salvo Macrì. Il ricorso della difesa dell’imputata è stato respinto, sia in appello che in Cassazione.
La ragazza subì un grosso trauma psicologico. A quella età è facile finire di bocca in bocca pur non avendo alcuna colpa. La protagonista di quel video non era lei ma quel nome e cognome fece il giro della città e le battutine, gli ammiccamenti anche spinti si sprecarono. Adesso però la parte civile continuerà la battaglia legale tese a chiudere l’azione civile per il recupero della provvisionale di 10 mola euro. Si profila ora la causa per la quantificazione dell intero danno procurato alla parte civile. L’avvocato Salvo Macri ha espresso soddisfazione per l’esito della vicenda giudiziaria, rimarcando come la diffamazione sul web é oltremodo dannosa per la sua esponenziale diffusione. “Questa storia dovrà servire da monito – ha commentato l’avvocato Macrì – per tutte quelle persone, specialmente giovani, che utilizzano il web con leggerezza o come strumento di offesa”.