Gela. Si chiude l’incidente probatorio e, adesso, i tre indagati attendono le decisioni sia dei pubblici ministeri della procura che del giudice delle indagini preliminari Veronica Vaccaro.
Emissioni e danni alle colture. Gli ex manager di raffineria Eni Giuseppe Ricci, Bernardo Casa e Battista Grosso sono finiti sott’indagine con l’accusa di aver causato, per il tramite delle emissioni prodotte dalla fabbrica di contrada Piana del Signore, danni alle colture limitrofe. Durante l’udienza tenutasi davanti al gip, sono stati sentiti i cinque periti incaricati dal magistrato di stilare una relazione sul caso con l’obiettivo di capire se sussistano possibili connessioni tra l’attività dello stabilimento e i danni lamentati dai venti agricoltori che hanno denunciato. Hanno risposto alle domande formulate dai legali degli indagati e dai pubblici ministeri Lucia Lotti e Serafina Cannatà.
Le risposte dei periti. I tecnici hanno confermato come i sistemi di produzione della fabbrica siano diametralmente cambiati rispetto al periodo finito sott’esame. Ci sarebbe stato, insomma, un miglioramento delle condizioni legato principalmente al tipo di coke utilizzato nel ciclo di produzione. I periti, però, non hanno nascosto le tante, presunte, anomalie riscontrate nei campionamenti svolti dagli operatori dell’Asp. In diversi casi, i campioni prelevati dai terreni sarebbero stati sottoposti a trattamenti difformi rispetto alla normativa in materia. I periti hanno confermato di non aver potuto analizzare le polveri generate dalla combustione del coke perché, stando a quanto risultato, gli operatori Eni lo avrebbero sistematicamente riutilizzato nel ciclo produttivo. In base ai dati estratti dalle attività di verifica effettuate dai tecnici dell’Arpa e successivamente acquisiti dai periti, le percentuali più preoccupanti sarebbero emerse sul fronte della presenza di metalli pesanti. Oltre ai venti agricoltori parti offese, rappresentati in udienza dagli avvocati Joseph Donegani e Nicoletta Cauchi, al procedimento partecipano i legali dell’ente comunale, di quello provinciale e del ministero dell’ambiente. Spetterà ai magistrati della procura decidere se richiedere o meno il rinvio a giudizio dei tre indagati.