Gela. La decisione del gup del tribunale di Caltagirone risale allo scorso marzo. Il quarantaquattrenne calabrese Salvatore Moio venne condannato a venti anni di detenzione. In cella, nel carcere calatino, uccise il gelese Paolo Costarelli. La vittima scontava una condanna di entità assai ridotta. La sentenza è ormai definitiva, con il passaggio in giudicato. Non ci sarà l’appello: né la difesa né la procura hanno ritenuto sussistere elementi per chiamare in causa i giudici catanesi di secondo grado. Moio ammise l’omicidio, spiegando però di aver reagito a presunte provocazioni. Costarelli venne strangolato con lacci da scarpe. Presentava ferite. Il gup non ha riconosciuto la legittima difesa così come l’ipotesi preterintenzionale: ricostruzioni alternative fornite dalla difesa del quarantaquattrenne. I familiari della vittima si sono costituiti parti civili nel procedimento, assistiti dagli avvocati Giuseppe Cascino, Vittorio Giardino e Giuseppe Smecca, che hanno insistito per la condanna. Vent’anni di detenzione era la pena massima applicabile, a seguito del giudizio abbreviato concesso all’imputato, difeso dall’avvocato Salvatore Di Gioia.
Il corpo di Costarelli, ormai privo di vita, venne trovato dagli agenti della penitenziaria solo due giorni dopo. Una catena di fatti che non ha mai del tutto convinto i familiari. E’ stato sottolineato che Costarelli non poteva avere una capacità di risposta sostenuta, perché assumeva farmaci che lo rendevano fisicamente piuttosto debole. I legali di parte civile, anche a seguito del passaggio in giudicato della sentenza, non sembrano escludere ulteriori iniziative.