Gela. Vent’anni di reclusione per il calabrese quarantaquattrenne Salvatore Moio. La decisione è stata emessa dal gup del tribunale di Caltagirone, a conclusione del giudizio abbreviato. L’imputato, all’interno del carcere calatino, uccise il gelese sessantenne Paolo Costarelli. Venne aggredito e strangolato, pare con lacci per scarpe. Il compagno di cella ammise subito le proprie responsabilità. Il corpo di Costarelli, ormai privo di vita, venne trovato dagli agenti della penitenziaria solo due giorni dopo. Una catena di fatti che non ha mai del tutto convinto i familiari della vittima, parti civili nel giudizio, assistiti dai legali Vittorio Giardino, Giuseppe Cascino e Giuseppe Smecca. Il gelese era ristretto per scontare una condanna assai limitata. Vent’anni di reclusione era la pena massima che potesse essere pronunciata per l’omicidio, vista la scelta del rito da parte della difesa dell’imputato. Il gup ha escluso qualsiasi attenuante. Non sono stati riscontrati elementi per ritenere sussistente un’ipotesi preterintenzionale o di legittima difesa, come invece aveva spiegato il legale di Moio, Salvatore Di Gioia. I legali dei familiari hanno ribadito che ci fu una violenta aggressione, con l’intenzione di uccidere. E’ stato sottolineato che Costarelli non poteva avere una capacità di risposta sostenuta, perché assumeva farmaci che lo rendevano fisicamente piuttosto debole.
Riportò ferite e cercò di reagire per evitare il peggio. Ai familiari è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, che sarà definito in sede civile. L’imputato era stato collocato nel penitenziario calatino per scontare la condanna per un altro omicidio. La procura aveva concluso chiedendo vent’anni di detenzione, così come poi deciso dal gup, che nel pomeriggio di oggi ha dato lettura del dispositivo. Quello del sessantenne gelese non è l’unico caso di morte violenta verificatosi negli ultimi anni nel carcere di Caltagirone, struttura che ha fatto registrare altre vicende.