Cosa si nasconde dietro la fermata Eni? Investimenti senza data e futuro incerto

 
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Gela. La città ha reagito con compostezza. Le notizie sono allarmanti. Chiudere due linee su tre in Raffineria per un anno e collocare 500 lavoratori in cassa integrazione sono un segnale di dismissione preoccupante. Nelle famiglie di discute del futuro del polo petrolchimico e delle ripercussioni che avrà sull’economia cittadina.

I sindacati mantengono una posizione di cautela e hanno continuato le riunioni. Intanto filtrano le prime indiscrezioni. Dal primo giugno chiude il deposito di imbottigliamento. I suoi dipendenti sono pronti a scendere a manifestare, preoccupati per il loro futuro. Saranno i primi focolai di una protesta che potrebbe accendersi da un momento all’altro.

Sembra che l’azienda voglia andare oltre la cassa integrazione a zero ore, garantendo una indennità pari allo stipendio. Il problema non è però quello, ma alla scadenza dei dodici mesi. Cosa accadrà? L’Eni assicura che come Porto Marghera anche Gela tornerà a marciare a pieno regime. E poi anche la scelta di tenere viva la linea 2 convince poco. Rappresenta la parte forse più critica e vecchia della Raffineria, che lavora il greggio pesante ma è soggetta a continui blocchi. E poi l’indotto. Non c’è alcuna certezza sulle manutenzioni. Si potrà garantire il lavoro per tutte le imprese?

«Siamo convinti che la questione Gela non può essere affrontata con strumenti ordinari, va invece coinvolto il governo regionale perché la accompagni verso il governo nazionale», hanno detto le segreterie provinciali di Caltanissetta di Cgil, Cisl e Uil, al termine della lunga riunione che si è svolta ieri, con la partecipazione delle categorie dei chimici, dei metalmeccanici, degli edili e dei trasporti. «Queste decisioni contribuiscono a cancellare anni di duro sacrificio delle comunità meridionali e in particolare della nostra provincia, che si sono viste cancellare centinaia di posti di lavoro senza, in compenso, avere realizzato un diverso tessuto produttivo capace di creare altri investimenti per diversa e nuova occupazione».

Tuttavia, Cgil Cisl e Uil ritengono che «il tavolo istituzionale insediatosi in Prefettura da diverso tempo debba definire il percorso già iniziato, chiamando alla responsabilità individuale le istituzioni» che vi partecipano, «cercando di eliminare i punti di debolezza della raffineria di Gela, partendo dalla diga foranea (del porto-isola, ndr), per renderla maggiormente competitiva rispetto al contesto nazionale ed evitando di farla rientrare fra le tre o quattro raffinerie destinate a concludere un percorso».


 

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