Gela. Carcere per un totale di quarantaquattro anni. Sono queste le richieste arrivate dai magistrati della procura generale nei confronti di Alessandro Barberi, Alberto Musto e Fabrizio Rizzo. Le famiglie di Gela e Niscemi. Sono tutti accusati di aver cercato di riorganizzare la famiglia di cosa nostra tra Gela e Niscemi. In primo grado, davanti al gup del tribunale di Caltanissetta, Barberi venne condannato a dodici anni di reclusione, dieci anni e quattro mesi per Musto, otto anni e due mesi a Rizzo. Vennero tutti coinvolti nel blitz antimafia “Fenice”, coordinato dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta. La procura generale, davanti ai giudici di appello, ha invece chiesto la condanna a venti anni di reclusione per Alessandro Barberi, in continuazione con quella già definita da una precedente sentenza, a quattordici anni per Alberto Musto e a dieci anni per Fabrizio Rizzo. Il pg, comunque, ha escluso una della aggravanti previste dall’articolo 416 bis per l’associazione mafiosa. La procura generale ha impugnato il verdetto di primo grado perché ritenuto troppo lieve nei confronti degli imputati. Sentenza impugnata anche dai difensori, gli avvocati Flavio Sinatra, Francesco Spataro e Antonio Impellizzeri. A richiedere la condanna sono stati anche i legali di parte civile, compreso l’avvocato Giuseppe Panebianco per conto dell’associazione antiracket “Gaetano Giordano”. Barberi, Musto e Rizzo sono accusati inoltre di aver imposto estorsioni ad alcuni imprenditori di Niscemi. Si tonerà in aula il 14 luglio: sarà la volta dei difensori. I giudici d’appello, proprio a conclusione dell’udienza, dovrebbero emettere il loro verdetto. Una ricostruzione, quella portata avanti dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, fortemente contestata, già in primo grado, dai difensori. Le difese escludono che ci fosse stata la volontà di ricostruire un clan mafioso, riallacciando i rapporti tra le famiglie di Gela e quelle di Niscemi.