Gela. Prima, un’assemblea nell’area antistante la raffineria Eni (con il necessario distanziamento), e poi gli operai della Fiom-Cgil hanno percorso a piedi l’intero tratto del lungomare, fino al pontile sbarcatoio. Un corteo simbolico, che si è concluso proprio davanti alla struttura, che la Regione ha annunciato di voler demolire, con lo stanziamento dei fondi necessari. I lavoratori metalmeccanici aderenti alla Fiom e il segretario provinciale della sigla, Orazio Gauci, sostengono lo sciopero generale del 16 dicembre. “Con questo corteo, spontaneo – dice Gauci – abbiamo voluto lanciare un segnale ad una politica, troppo silente. Siamo arrivati fino al pontile sbarcatoio, perché questa città non può sempre subire, senza mai reagire. Non si può solo demolire”. I lavoratori e il segretario si sono confrontati sulle ragioni dello sciopero contro la manovra del governo Draghi. Sarà una mobilitazione, però, “anche per rivendicare investimenti sul territorio e diritti”. I finanziamenti, negli ultimi anni, non sono mancati, ma c’è la necessità che diventino lavoro, vero. I metalmeccanici della Fiom, così come quelli delle altre sigle sindacali, sono collocati principalmente nell’indotto della raffineria.
Il processo di riconversione dello stabilimento ha ridotto drasticamente i numeri degli operai alle dipendenze delle aziende degli appalti. La base gas del progetto “Argo-Cassiopea” potrebbe essere un approdo importante, almeno in termini occupazionali. Per la Fiom, però, c’è la necessità che la politica affronti veramente il tema degli investimenti e dell’occupazione, per evitare l’acuirsi della desertificazione sociale e lavorativa, che è già in atto da anni.