Gela. Contatti diretti, tramite chat WhatsApp, il funzionario della protezione civile regionale Luigi De Luca, arrestato ieri in un’inchiesta su un presunto caso di corruzione, li avrebbe avuti anche con l’imprenditore gelese Nunzio Adesini. Gli inquirenti palermitani hanno monitorato diversi messaggi scambiati tra i due. Gli investigatori legano le comunicazioni, non certo istituzionali, all’appalto da oltre sette milioni di euro che una società locale, “Cinecittà”, ottenne due anni fa in piena emergenza Covid. Si trattò della fornitura di un totale di tre milioni di mascherine. Nei mesi successivi, De Luca e Adesini ebbero contatti frequenti. L’imprenditore gelese avrebbe mostrato parecchia consuetudine nel rapportarsi con il funzionario regionale, che si occupava delle procedure di liquidazione. “Non ti dimenticare di noi”, scriveva Adesini. “Comunque da questa parte hai sempre una persona a disposizione “, rispondeva De Luca in un’altra messaggistica acquisita dai finanzieri. Nell’inchiesta palermitana, dalla quale emergono questi contatti, sono indagati solo De Luca e l’imprenditore Sebastiano Grillo. Ci sarebbero stati passaggi di denaro per accelerare i pagamenti sui lavori. Secondo gli investigatori, le “caramelle” destinate a De Luca sarebbero stati proprio i soldi della corruzione. I finanzieri e i pm palermitani si sono imbattuti però in diverse conversazioni e chat, comprese quelle che De Luca intratteneva con Adesini.
L’imprenditore gelese, un anno fa, venne arrestato sempre in un’indagine per corruzione. In quel caso, a muoversi furono i pm della procura di Catania che ricostruirono i rapporti tra l’ex vertice del Genio civile etneo Natale Zuccarello e gli imprenditori della società gelese “Nurovi”, lo stesso Adesini e Rocco Mondello. I due imprenditori gelesi hanno definito le loro posizioni, senza arrivare davanti al gup. Gli inquirenti seguirono i flussi di alcuni trasferimenti di denaro e i rapporti costanti tra Zuccarello e soprattutto Adesini. Ieri, attraverso i propri legali (Nino Grippaldi e Giovanni Grasso), l’ex responsabile del Genio civile ormai in pensione, ha avanzato una richiesta di patteggiamento, che sarà valutata dal gup. A sua volta, avrebbe fatto diverse ammissioni e l’inchiesta catanese si è estesa ad altri appalti sospetti, banditi sempre dalla stessa autorità. Sembra esserci più di un legame tra le due inchieste che si sono sviluppate sull’asse palermitana e su quella catanese.