"Condotte non in linea con i doveri previsti", Tar: "Legittima revoca protezione a collaboratore"
Venne disposta la revoca del programma di protezione anche per alcuni familiari
Gela. La decisione adottata dalla commissione centrale, che fa capo al Ministero dell'interno, formalizzata quattro anni fa, fu legittima. Per i giudici del Tar Lazio, non sono emersi profili contestabili nelle delibere che revocarono il programma di protezione per un collaboratore di giustizia gelese e per i suoi familiari. Non sono stati accolti i ricorsi proposti dal legale che li rappresenta. Nelle motivazioni, i giudici del Tribunale amministrativo regionale del Lazio richiamano principalmente il contenuto di un'ordinanza emessa al culmine di un'indagine finalizzata dalla Dda di Caltanissetta, che coinvolse, tra gli altri, Emanuele Terlati e Roberto Di Stefano, accusati di condotte non in linea con i doveri di chi sceglie di collaborare con la giustizia. Si fa richiamo a “un soggetto dedito a intermediare “le dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria nella qualità di (presunt[o]) collaboratore” con “la pecunia o con altre utilità economiche (es. scontistica sugli acquisti) in un’ottica esclusivamente locupletativa”. Ci sarebbero state inoltre “dichiarazioni volte a calunniare, tra gli altri, appartenenti alla squadra mobile di Caltanissetta” e “utili a far assolvere (risultato che veniva, in effetti, ottenuto in primo grado) un indagato-imputato dalle accuse formalizzate nei suoi confronti”, così scrivono i magistrati del Tar Lazio. La revoca del programma di protezione ha trovato l'assenso sia della Dda nissena sia della Direzione nazionale antimafia. Quel procedimento, per i due collaboratori, si concluse con l'archiviazione ma secondo il Tar ciò non può incidere sulle ragioni alla base della revoca del programma di protezione, che comunque non esclude l'eventuale applicazione di misure di tutela ordinaria, decisa dall'autorità competente. “I fatti posti alla ragione del provvedimento di revoca sono, dal punto di vista amministrativo, certi e documentati quanto è sufficiente; non osta alla legittimità alcuna risultanza processuale successiva, in quanto la legittimità del provvedimento amministrativo è giudicato con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto esistenti al momento della sua adozione”, concludono i giudici del Tar Lazio.
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