Gela. Lunedì, il gup del tribunale di Caltanissetta gli ha imposto la condanna a quattordici anni di reclusione, ritenendolo attivo nel gruppo della stidda, che sarebbe stato riorganizzato dai fratelli Di Giacomo. Una decisione che ha portato il quarantenne Alessandro Scilio ad avviare lo sciopero della fame. Dal momento della notizia della condanna, non ha più accettato i pasti e starebbe continuando a non nutrirsi, detenuto nel carcere di Benevento. Il gesto si legherebbe proprio al contenuto della decisione del gup nisseno, che Scilio contesta su tutta la linea. Nel corso del giudizio abbreviato, è stato sentito per diverse ore e ha più volte spiegato di non aver mai fatto parte del gruppo stiddaro. Non avrebbe avuto, secondo la sua versione, nessun rapporto con Bruno Di Giacomo, che viene ritenuto il nuovo reggente stiddaro, a sua volta condannato a ventidue anni e un mese. L’avvio dello sciopero della fame da parte di Scilio è stato comunicato anche al legale che lo rappresenta, l’avvocato Davide Limoncello. Il quarantenne, solo qualche anno fa, era stato coinvolto nell’indagine “Tomato”, considerato coinvolto in un giro di droga. I fatti che gli venivano contestati in quell’inchiesta li ha in gran parte ammessi, spiegando di aver fatto uso di sostanze stupefacenti.
Dopo l’arresto nel blitz “Stella cadente”, ha invece sempre respinto l’accusa di far parte della stidda. Nel giudizio, pur essendo tra gli imputati, si è costituito parte civile e il gup gli ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, per fatti imputati a Di Giacomo. Secondo la sua versione, anche l’attività commerciale che aveva avviato in città sarebbe finita nel mirino dei clan. La pronuncia del gup di Caltanissetta lo ha spinto a questa forma di protesta e pare che le sue condizioni siano monitorate dagli agenti della penitenziaria, che prestano servizio nella struttura carceraria campana.
