Gela. Questa mattina, le sigle confederali di Cgil, Cisl e Uil hanno avuto un primo incontro, in remoto, con il presidente dell’Assemblea territoriale idrica Massimiliano Conti e con il neo direttore generale, Antonino Collura. Confronto che viene chiesto anche dal comitato “Fuori Caltaqua” e da quelli di quartiere. In città, infatti, il servizio idrico continua a riservare inefficienze e gravi anomalie. Hanno scritto a Conti, al vicepresidente Ati Roberto Gambino e al sindaco Lucio Greco. “A nostro avviso, questa situazione è notoriamente causata dalla società Caltaqua che ha disatteso gli impegni presi contrattualmente più di quattordici anni fa. Tanti ormai i tavoli tecnici, le relazioni e i verbali prodotti – scrivono – nonché le inchieste attivate dagli organi competenti, nelle quali sono emerse, e mai risolte, le gravi inadempienze della società preposta alla gestione del servizio idrico”. Così, nella missiva, scritta anche per chiedere l’incontro, vengono passate in rassegna tutte le criticità di un servizio che tiene ancora la città senza forniture idriche stabili, ma con bollette sempre più salate. C’è la falla dei depuratori, “oltre al fatto che gran parte degli impianti opera senza autorizzazione allo scarico in corso di validità, c’è il sottodimensionamento, il superamento dei limiti di legge per quanto riguarda gli scarichi di reflui depurati e la gestione dei fanghi, che in diversi casi tracimano nei corpi recettori”. Dal comitato e dai quartieri, parlano inoltre di “tariffazione non corretta” e “bilanci in perdita”. “Con l’introduzione dal 2008 delle tariffe a blocchi di consumo, si sono avuti negli anni aumenti progressivi dal 118 per cento fino al 154 per cento, contravvenendo alle indicazioni dell’Arera e ciò benché la società abbia anche ricevuto dalla Regione Sicilia diversi milioni di contributi per un riequilibrio delle spese. Infatti, ci si chiede, come sia possibile che i ricavi di 17 milioni di euro del 2007 passino a 36 milioni nel 2018? E per tutti questi anni – si legge ancora – anche il canone o quota fissa è stato applicato con tariffa forfettaria, andando ad eccedere quel 20 per cento dei costi di consumo di acqua, che per legge, non avrebbe mai dovuto superare. Eppure stranamente, malgrado gli aumenti esorbitanti registrati nelle tariffe, i bilanci di Caltaqua negli anni di gestione hanno evidenziato perdite che vanno da 953.000 euro nel 2007 ai 6.847.000 euro del 2011. È possibile che le perdite registrate siano anche causate da interessi esagerati collegati ai debiti contratti da Caltaqua con la società madre “Aqualia”? O che magari siano anche da imputare al costo eccessivo del personale di “Aqualia” distaccato presso Caltaqua? Ed ancora, è normale che Caltaqua dichiari perdite e la società madre “Aqualia” incassi interessi e proventi? Inoltre, dal 2006 al 2009, al tempo della sindacatura Crocetta, il gestore ha fatturato, alla cittadinanza gelese 9,29 milioni di euro di acqua non potabile “certificata”, con ordinanza sindacale, ecco perché il pagamento del 50 per cento. Successivamente, l’ulteriore 50 per cento è stato comunque fatturato negli anni a venire”. Nel lungo elenco, ci sono poi “mancati investimenti” e “inadempienze contrattuali”.
“Completamente disatteso il prioritario impegno, ben evidenziato e specificato nella prima versione originale della Carta dei servizi, di garantire entro il luglio 2011 un’erogazione idrica continuativa h24 ed al 100 per cento dell’utenza. Ad oggi, la realtà è sotto gli occhi di tutti, in gran parte della città restano le turnazioni di sempre, e l’obiettivo h24 è solo virtuale e propagandistico. Rimane irrisolta – concludono – la presenza di flussi di aria durante l’erogazione idrica, che causa un erroneo e falso conteggio dei metri cubi accertati e il conseguente aggravio per gli utenti. Sono anche da evidenziare le frequenti interruzioni dell’erogazione per eccessiva torbidità dell’acqua e per i residui presenti nelle condotte e che vanno a finire nelle cisterne degli cittadini, i quali sostengono ulteriori spese per la pulizia”. I comitati della città sono per la “rescissione” del contratto, rifacendosi anche alla decisione assunta lo scorso anno dalla commissione tecnica. Una posizione che probabilmente illustreranno ai vertici Ati, qualora l’incontro chiesto venisse fissato.