Gela. “Le impronte rilevate all’interno della rivendita di moto di via Venezia corrispondono a quelle di Di Noto”.
Le impronte rilevate. Ad ammetterlo, nel corso del dibattimento scaturito dal maxi furto messo a segno ai danni della concessionaria Bordieri, è stato uno degli agenti di polizia della scientifica che analizzò due frammenti d’impronta rilevati sul luogo del furto. Nel dicembre di quattro anni fa, dalla rivendita vennero portate via Kawasaki, Bmw e Mv Augusta per un valore totale di circa 120 mila euro. In base alle accuse, del gruppo avrebbe fatto parte anche il ventiquattrenne Nunzio Di Noto, finito a giudizio.
Dubbi della difesa. I suoi legali di fiducia, gli avvocati Francesco Enia e Lia Comandatore, contestano le accuse mosse dai magistrati della procura. Non a caso, durante il dibattimento, hanno fatto emergere diversi dubbi circa l’effettiva presenza dell’imputato all’interno della concessionaria al momento del colpo. I responsabili del punto vendita visitato dai ladri, invece, non sono riusciti a chiarire se, durante quei giorni, il sistema di videosorveglianza della concessionaria fosse efficiente o meno. Sono stati sentiti durante le scorse udienze. Il tecnico della scientifica, rispondendo alle domande formulate davanti al giudice Antonio Fiorenza sia dal pm Pamela Cellura sia dagli avvocati difensori ha precisato che “i due frammenti d’impronta vennero legati all’identità dell’imputato solo dopo il foto segnalamento”. La difesa, comunque, è ferma nel ritenere che quelle impronte fossero state lasciate dal ventiquattrenne in altre occasioni. Di Noto sarebbe già stato un cliente della concessionaria nel tentativo di acquistare una vespa.