Cinque stiddari uccisi nella faida, il caso di Rosario Trubia finisce alle sezioni unite: c’è la prescrizione?

 
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Gela. Sette mesi di fuoco, tra il dicembre del 1987 e il giugno dell’anno successivo. In ballo la prescrizione. Una guerra di mafia senza sosta tra il gruppo degli Emmanuello di cosa nostra e i pastori della stidda. Tra gli esecutori materiali di cinque omicidi e di quattro tentati omicidi c’era l’attuale collaboratore di giustizia Rosario Trubia, già ai vertici del gruppo di cosa nostra locale. Adesso, saranno i giudici della Corte di cassazione a sezioni unite a decidere se quei reati si siano prescritti. Trubia, già condannato nel 2008 dai giudici della corte d’assise d’appello di Caltanissetta, fu nuovamente ritenuto responsabile sia dal gup nisseno, nel 2010, che dagli stessi magistrati d’appello, nel gennaio dello scorso anno, e condannato a sei anni di reclusione e al risarcimento dei danni alle parti civili. I suoi legali, però, hanno impugnato la condanna proprio davanti alla corte di cassazione. Stando alla difesa, infatti, quei reati, commessi a cavallo tra 1987 e 1988, si sono prescritti, anche a seguito del riconoscimento delle attenuanti per i collaboratori di giustizia. Una tesi che venne respinta in appello ma che non sembra aver del tutto convinto i magistrati romani. Per capire se i reati commessi dal collaboratore di giustizia e ammessi spontaneamente in diverse sedi si siano prescritti, è arrivato il rinvio degli atti alle sezione unite.

L’inizio della guerra di mafia. Al centro delle valutazioni ci sono gli omicidi di Orazio Coccomini e Salvatore Lauretta, freddati nel dicembre del 1987 dando di fatto il via alla guerra con la stidda; l’omicidio di Vincenzo Cocchiara e il tentato omicidio di Vincenzo Lauretta; il tentato omicidio di Gaetano Iannì e Aurelio Cavallo, leder indiscussi del gruppo di stidda, presi di mira nel gennaio del 1988; l’omicidio di Salvatore Lauretta, ribattezzato “cuore di plastica”, colpito nel marzo del 1988 e, infine, l’uccisione di Francesco Cavallo, assassinato nel giugno dello stesso anno. Intanto, il procuratore generale, prima del trasferimento degli atti alle sezioni unite, aveva chiesto l’annullamento senza rinvio della condanna proprio per la prescrizione dei reati.

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