Gela. Cimia non potrà invasare acqua, oltre la soglia del milione e mezzo di metri cubi. Un limite che diventa un altro colpo inferto agli operatori locali del settore. “Praticamente, invaserà zero – dice Liborio Scudera – questa è un’ulteriore mazzata a tutto il settore locale. Dalla direzione generale nazionale hanno fatto sapere che per Cimia, l’unico vero bacino a servizio del territorio, non sarà possibile andare oltre la soglia di un milione e mezzo di metri cubi. Non a caso, negli ultimi giorni, per almeno un’intera notte e nelle ore del mattino successivo, l’acqua di Disueri è stata sversata in mare. Così, non si può andare avanti. Ci vorrebbe una politica forte che prenda posizione”. L’acqua che non c’è è solo l’apice di un sistema in crisi profonda. Gli imprenditori del settore devono far fronte ad aumenti enormi delle materie prime, fino al 110 per cento, con i prezzi di vendita che però vanno sempre più al ribasso. Non si riesce a sfruttare neanche la vendita dei carciofi, che sono i prodotti tipici del territorio. La carciofina è del tutto invenduta, altrimenti bisognerebbe accettare un prezzo che non va oltre i tre centesimi. Senza acqua dalle dighe e con infrastrutture, quasi all’anno zero, andare avanti è un’impresa che non tutti possono permettersi. “L’abbiamo ripetuto più volte – aggiunge Scudera – ci sarà uno spopolamento delle campagne del comprensorio”. Con l’emergenza dell’acqua, che è una costante, anche la riattivazione della condotta che era saltata, nella zona di Giaurone, non risolve per nulla il deficit che affligge l’intero comparto. Gli agricoltori non negano che l’ipotesi del riutilizzo delle acque reflue possa essere una tappa, capace di attenuare il bisogno atavico di forniture.
“I costi possono essere elevati e ci aspettiamo un supporto istituzionale – conclude Scudera – però, il ciclo delle acque reflue potrebbe dare una risposta importante. Sappiamo bene, purtroppo, che per avere interventi nelle dighe potranno volerci anche dai quattro ai sei anni. A questo punto, tentare con il riuso delle acque reflue, in un sistema ben organizzato, sarebbe una valvola di ossigeno per gli agricoltori”. Sulla proposta di un sistema che attinga dalle acque reflue depurate, da tempo sta lavorando il Partito democratico locale, come hanno spiegato i vertici e il dirigente cittadino Giuseppe Fava. Gli agricoltori, quasi del tutto orfani delle dighe, aprono a soluzioni alternative, pur di provare a risollevare le sorti di migliaia di aziende, in enorme difficoltà.