Gela. “Portami le caramelle”. Presunte parole in codice, almeno secondo le accuse mosse dai magistrati della procura, per coprire la vendita di dosi di cocaina.
Richieste continue. Un particolare emerso durante il dibattimento che si sta celebrando nei confronti di Pietro Caruso, Orazio Tosto e Cinzia Valenti, imputati tutti finiti al centro del blitz “Bombola d’oro”. A ricostruire le consuetudini dei presunti spacciatori al dettaglio e dei clienti è stato uno dei carabinieri che si occupò delle indagini. Al centro delle attività, un vasto giro di spaccio diffuso in diversi quartieri della città. “I contatti tra il gruppo scoperto e i clienti erano molto frequenti – ha spiegato il militare – le richieste arrivavano praticamente ad ogni ora”. Il testimone, sentito davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dalle colleghe Ersilia Guzzetta e Silvia Passanisi, ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Antonio D’Antona e dai legali degli imputati, gli avvocati Carmelo Tuccio e Davide Limoncello. Prima d’iniziare l’esame in aula, il giudice Fiore ha disposto la separazione della posizione processuale di Pietro Caruso, difeso dal legale Flavio Sinatra. Inoltre, sarà un perito a trascrivere il contenuto delle intercettazioni telefoniche utilizzate per ricostruire i passaggi di droga e i contatti tra i presunti componenti del gruppo di spaccio.
Il ruolo degli imputati. In base alla ricostruzione fornita in aula dal carabiniere, Orazio Tosto si sarebbe soprattutto occupato di trasportare la droga su richiesta di altri componenti del gruppo. La Valenti, invece, sarebbe stata di supporto al marito durante gli incontri con i clienti in cerca principalmente di cocaina. Uno dei centri della compravendita sarebbe stata la zona di contrada Scavone.