"Chimera": gli omicidi decisi da Sanfilippo e dalla moglie e il traffico di droga con Brancato, giudizio in Cassazione
L’inchiesta, coordinata dai pm della Dda ed eseguita dai carabinieri, permise di venire a capo di un sistema controllato dagli stiddari della famiglia Sanfilippo, sulla base di estorsioni, intimidazioni, armi e traffico di droga
Mazzarino. Gli omicidi contestati al boss mazzarinese Salvatore Sanfilippo e alla moglie Beatrice Medicea ma anche il traffico di droga affidato al gelese Emanuele Brancato. La Corte d'assise d'appello di Caltanissetta emise, a inizio anno, condanne per gli imputati coinvolti nella maxi inchiesta “Chimera”. Per gennaio è stato fissato il giudizio di Cassazione, su ricorso delle difese. Lo scorso febbraio, al termine del procedimento di secondo grado, l'assise nissena dispose l'ergastolo per Sanfilippo e la moglie, ritenuti responsabili degli omicidi di Benedetto Bonaffini e Luigi La Bella. Rispetto alle loro posizioni, vennero meno due aggravanti, compresa quella della premeditazione per Medicea, ma con la conferma del carcere a vita. L’inchiesta, coordinata dai pm della Dda ed eseguita dai carabinieri, permise di venire a capo di un sistema controllato dagli stiddari della famiglia Sanfilippo, sulla base di estorsioni, intimidazioni, armi e traffico di droga. Il riferimento per le sostanze stupefacenti, secondo gli investigatori, era Brancato. Per lui, rappresentato dagli avvocati Giacomo Ventura e Davide Limoncello, la pena in appello fu ridotta da sedici anni di reclusione a dieci anni. Non sono state riconosciute alcune delle aggravanti addebitate, compresa quella mafiosa. Sedici anni e due mesi per Paolo Sanfilippo, a sua volta indicato ai vertici della famiglia di mafia. Dodici anni per Gianfilippo Fontana, dieci anni e sei mesi a Marco Gesualdo (con la riqualificazione per le contestazioni legate alla droga e l’assoluzione per uno degli addebiti indicati dall’accusa), dieci anni e quattro mesi per Silvia Catania (con l’assoluzione per uno dei capi di accusa, il non riconoscimento di una delle aggravanti e la riqualificazione dei fatti di droga), due anni a Girolamo Bonanno (difeso dall’avvocato Flavio Sinatra per lui pena ridotta rispetto ai quattro anni imposti in primo grado e la procura generale aveva indicato dieci anni per l’ipotesi di associazione mafiosa), pena ridotta a due anni e otto mesi per Paolo Di Mattia, Salvatore Di Mattia e Melina Paternò e sei mesi per Salvatore Strazzanti. Tutti avevano già optato per il giudizio abbreviato. A gennaio, sarà la Cassazione a valutare i ricorsi delle difese. Gli imputati sono rappresentati dai legali Carmelo Terranova, Agata Maira, Luca Cianferoni, Attilio Villa, Gaetano Lisi, Gaetano Giunta, Giuseppe Piazza, Giuliano Dominici, Gaetano Giunta, Walter De Agostino, Antonino Ficarra, Elisabetta Gatto, Stefano Gerunda, Raffaele Minieri, Vincenzo Vitello e Giovanni Cannizzaro.
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