Gela. La maratona in consiglio comunale di ieri (che ha portato alla sfiducia del sindaco Domenico Messinese) è stata anche una resa dei conti all’interno del centrodestra locale. Alla fine, i consiglieri comunali del presidente della Regione Nello Musumeci, che fino all’ultimo momento hanno difeso il patto di fine mandato con il sindaco, sono stati messi alle corde e hanno ceduto. Non sono riusciti a far saltare l’intesa del fronte pro-sfiducia. Il capogruppo Vincenzo Cascino e Anna Comandatore (che è anche dirigente regionale di DiventeràBellissima) si sono astenuti. Risultato, ventisei voti a favore della sfiducia e due astenuti, appunto i consiglieri di Musumeci (senza Giovanni Panebianco che non ha partecipato alla seduta). Inutile nascondere che le storie tese ci sono state proprio tra i banchi di quella che, solo fino a qualche mese fa, sembrava un’alleanza di ferro. Vincenzo Cascino ha più volte inveito contro il capogruppo di Forza Italia Salvatore Scerra (uno dei promotori del patto del cerchio per la sfiducia). Sia Cascino che il forzista hanno rivendicato l’origine di destra. Per quelli di Musumeci, l’alleanza si sarebbe rotta proprio a causa delle mosse di consiglieri senza “pedigree” di centrodestra, pronti a dialogare con grillini e pezzi del centrosinistra locale.
La vittoria, con il sindaco sfiduciato, questa volta è toccata però agli stessi forzisti (tutti in blocco per la mozione), ai leghisti che si sono schierati contro Messinese e all’indipendente (vicino a Forza Italia) Salvatore Sammito. L’onda del sì alla mozione ha indotto anche i “tiepidi” consiglieri di Energie per l’Italia (Luigi Di Dio e Francesca Caruso) a votare favorevolmente. Insomma, all’angolo sono rimasti solo i due consiglieri di Musumeci, che nel tentativo di scardinare il fronte hanno lanciato il patto con un sindaco che è stato travolto dal fronte dei venti. Nelle ore precedenti alla seduta, sembrava che Messinese potesse di nuovo salvarsi proprio facendo affidamento su forze di centrodestra. L’arrivo in città del deputato regionale Michele Mancuso (coordinatore provinciale di Forza Italia) è stato visto da molti come una sorta di tentativo per creare spiragli di dialogo tra amministrazione comunale e centrodestra. Sprazzi di quest’area politica, di recente, si sono visti in giunta, con l’operazione condotta da Raffaele Carfì (fino a qualche tempo fa uomo di Mancuso in città) che ha sponsorizzato l’ingresso in giunta (peraltro brevissimo) dell’ex dem Giuseppe Licata. L’area di Forza Italia che si rifà alla deputata nazionale Giusi Bartolozzi e all’ex deputato regionale Pino Federico, però, ha subito messo in campo strategie per evitare il peggio. La stessa deputata ha chiarito che chi non avesse votato per la sfiducia poteva praticamente ritenersi fuori dal partito. Una controffensiva cucita in città soprattutto dal capogruppo azzurro Salvatore Scerra che, a differenza dello scorso dicembre quando ci fu il flop della seconda sfiducia, si è guardato bene le spalle agendo su un fronte molto ampio. Lo scontro in aula è stato durissimo. Fedelissimi di Musumeci contro il forzista (ancora visto dagli avversari di coalizione come “pupillo” di Pino Federico). Così, non sono mancate accuse su “padri” e “padrini” che avrebbero confezionato la terza mozione di sfiducia al sindaco. Tutto sotto gli occhi della deputata nazionale Giusi Bartolozzi, che non è mancata all’occasione d’aula. Il voto sulla sfiducia ha aperto una ferita difficilmente rimarginabile negli ambienti del centrodestra locale, anche in attesa di capire cosa farà la Lega. Lo “sfortunato” governo Messinese ha consentito di accendere i riflettori su almeno tre tavoli griffati centrodestra. Quello di chi ha scelto di buttarsi subito nelle stanze della giunta (in attesa di organizzare un gruppo elettorale che potrebbe avere come candidati anche esponenti del governo Messinese), quello di chi ha sponsorizzato il patto di fine mandato e infine gli oppositori del sindaco (guidati dagli azzurri “lealisti”) che, per questa volta, si sono portati a casa la vittoria.