Carcere duro al boss, “Emmanuello può acquistare stessi alimenti degli altri detenuti”

 
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Gela. Poche settimane fa, sono state pubblicate le motivazioni che hanno portato i giudici di Cassazione a confermare il quarantuno bis al cinquantasettenne Davide Emmanuello, considerato tra i capi storici di Cosa nostra locale. E’ ritenuto ancora pericoloso e non ha mai preso le distanze dal suo passato criminale e dall’organizzazione. Gli stessi giudici romani, però, hanno respinto il ricorso presentato dalla direzione della casa circondariale di Sassari, confermando una decisione favorevole proprio ad Emmanuello. Per i magistrati capitolini, nonostante sia da anni ristretto sotto regime di carcere duro, ha comunque il diritto di poter acquistare gli stessi alimenti, consentiti ai detenuti, in regime ordinario. Era stato il tribunale di sorveglianza di Sassari a dare ragione all’ergastolano, sostenendo che anche i detenuti sotto regime speciale possono acquistare gli alimenti, consentiti al resto dei ristretti. Il Ministero della giustizia e il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, attraverso la direzione del carcere sardo, dove Emmanuelle è detenuto, avevano impugnato la decisione favorevole al boss. E’ stato sostenuto che non potesse accedere all’acquisto degli stessi alimenti, permessi agli altri reclusi, anche per evitare situazioni di possibile favore. Aspetto escluso dai giudici di Cassazione.

“Come correttamente sottolineato dal provvedimento impugnato, che la previsione di un regime differenziato in relazione ai beni alimentari acquistabili si rivela del tutto sganciata da qualunque possibilità di utilizzo strumentale degli stessi, finendo per diventare ingiustificata e per risolversi in una irragionevole condizione di afflittività, che la Corte costituzionale ha più volte censurato, trattandosi di regime “incongruo e inutile alla luce degli obbiettivi cui tendono le misure restrittive autorizzate dalla disposizione in questione”, e perciò “in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., configurandosi come un’ingiustificata deroga all’ordinario regime carcerario”, dotata “di valenza meramente e ulteriormente afflittiva”, scrivono i giudici di Cassazione. I giudici precisano anche che “del resto, non si trattava di beni che avrebbero consolidato posizioni di potere o di supremazia all’interno della struttura carceraria, con conseguente rispetto della finalità della misura di cui all’art.41-bis”.

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