Gela. Il dibattimento è stato aperto. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, non ha accolto l’eccezione preliminare, che era stata esposta da una delle difese degli imputati, coinvolti nell’inchiesta che toccò il gruppo imprenditoriale Luca. Per i legali, il provvedimento di riapertura delle indagini, risalente al 2015, sarebbe stato nullo, incidendo anche su atti successivi. L’iniziale inchiesta era stata archiviata ma successivamente i pm iniziarono a sviluppare il filone dei presunti rapporti tra gli imprenditori ed esponenti delle organizzazioni mafiose. L’eccezione era stata proposta anche in fase di udienza preliminare, in quel caso con un no formalizzato dal gup. Il collegio penale ha anche respinto la richiesta di costituzione di parte civile di un ex cliente di una delle attività dei Luca (con il legale Salvo Macrì), che si trovò a dover fare i conti con il sequestro dell’automobile che aveva intanto acquistato. Il collegio ha assegnato ad un pool di periti l’incarico di trascrivere la mole di intercettazioni. Per i legali degli imputati, vanno però recuperate alcune registrazioni, al momento mancanti, di una precedente inchiesta, ribattezzata Cobra e che fu condotta dai pm di Roma. Gli approfondimenti riguardarono la famiglia di mafia dei Rinzivillo. Sia dai banchi della Dda di Caltanissetta che da quelli dei difensori sono state avanzate le richieste di prova. Nelle liste degli imputati, sono previsti circa centonovanta testimoni.
Sono a processo i referenti del gruppo imprenditoriale, Salvatore Luca, Rocco Luca Francesco Luca, Francesco Gallo, Concetta Lo Nigro, Emanuela Lo Nigro, Maria Assunta Luca. Nel giudizio, anche i poliziotti Giovanni Giudice (difeso dall’avvocato Giacomo Ventura) e Giovanni Arrogante, accusati di averli favoriti. Gli imprenditori, per i pm della Dda nissena, avrebbero avuto legami diretti, anche economici, con i clan di mafia. Rapporti pericolosi sempre negati dai Luca, che anzi in più occasioni hanno spiegato di essere stati vittime delle richieste dei clan, che avevano messo gli occhi sulle loro attività economiche, avviate nel settore della vendita di automobili, nell’edilizia e nell’immobiliare. Con le indagini ancora aperte, sia il riesame che la Corte di Cassazione emisero decisioni favorevoli sulle misure che erano state comminate agli imprenditori. Sono stati destinatari, inoltre, di provvedimenti di sequestro che hanno messo sotto amministrazione giudiziaria un patrimonio da milioni di euro. E’ in corso un altro procedimento, proprio sui beni sottoposti a sequestro, attualmente davanti al tribunale delle misure di prevenzione. Gli imputati sono rappresentati dai legali Carlo Taormina, Antonio Gagliano, Filippo Spina, Carmelo Peluso, Luigi Latino, Fabio Fargetta, Michele Ambra, Emilio Arrogante, Marina Giudice e Alessandro Diddi. In aula, si tornerà a luglio.