Gela. “Un falso mito! Il geometra Salvatore Burgio non è mai stato il grande vecchio capace di regolare i rapporti tra le cosche di mafia locali e gli imprenditori da sottoporre ad estorsione.
Più che un intermediario, fu un postulatore che cercava di mettere una buona parola a favore dei suoi clienti finiti nel mirino dei clan”. L’avvocato Antonio Gagliano, in questo modo, ha presentato le proprie conclusioni a favore dell’anziano professionista, finito, insieme ad altri quattordici imputati, davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore che si appresta ad emettere il verdetto nel processo scaturito dal blitz “Tetragona”.
Il geometra, quindi, stando al legale di fiducia, non avrebbe mai avuto un ruolo attivo nei clan locali.
“Conosceva molto bene la famiglia Emmanuello – ha continuato Gagliano – e otteneva riconoscenza per le prestazioni professionali svolte, ricambiandole. Un conto, però, è l’aspetto etico; altro, invece, quello giudiziario”. Per Burgio, la pubblica accusa ha chiesto la condanna a 13 anni e 4 mesi di reclusione.
Si sarebbe, invece, occupato, in assoluta autonomia, solo di spacciare droga in città l’ambulante Giuseppe Piscopo, difeso dall’avvocato Boris Pastorello. “Tutti i collaboratori di giustizia – ha spiegato il difensore – escludono che Piscopo fosse a disposizione della famiglia. Tutti, comunque, lo indicano come uno spacciatore”.
E’ accusato d’estorsione ai danni dei titolari di due supermercati, a Scavone e Caposoprano. “Non fu estorsione – ha continuato Pastorello – in un caso, Piscopo si limitò a riscuotere il debito vantato da un familiare di Fortunato Ferracane, trattenendo per sé circa cinquecento euro, ovvero quanto gli doveva Ferracane per la droga acquistata”. Aldo Pione, invece, sarebbe stato il canale di collegamento tra i gruppi criminali della provincia di Varese e il boss Crocifisso Rinzivillo, con base a Roma.
Una ricostruzione smentita dai suoi due difensori, gli avvocati Danilo Tipo e Nicoletta Cauchi. “Nella famosa riunione romana che sarebbe servita a rideterminare gli equilibri del gruppo – ha precisato l’avvocato Cauchi – non ci fu alcuna partecipazione da parte di Pione. Non a caso, Fabio Nicastro e Rosario Vizzini, intercettati durante il viaggio di ritorno verso la Lombardia, non menzionano mai il nome di Pione”.
A concludere, sono stati anche i difensori di Giuseppe Truculento, Sebastiano Pelle, Nunzio Cascino, Angelo Greco, Emanuele Monachella, Claudio Conti e Pietro Caielli. Conti e Caielli, difesi dall’avvocato Danilo Tipo, vengono considerati protagonisti di un grosso giro di droga al nord, gestito per conto delle cosche gelesi.
Adesso, la decisione della corte dovrebbe arrivare durante la prossima udienza del 5 novembre. In totale, i pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta hanno chiesto condanne per circa 160 anni di carcere.