Gela. Si preparano al riesame. Le difese dei principali indagati nell’inchiesta antidroga “Smart working” hanno già provveduto a depositare i ricorsi. Ai giudici nisseni chiederanno di rivedere le loro posizioni, anche rispetto alle misure. I poliziotti del commissariato e i pm della procura ritengono che gli undici indagati (per dieci la misura è la custodia cautelare in carcere) siano dietro ad un ampio giro di droga. Pare che l’attività di spaccio non si sia fermata neanche durante il periodo del lockdown. Giacomo Tumminelli (difeso dal legale Davide Limoncello) e Francesco Scicolone (rappresentato dall’avvocato Rosario Prudenti), davanti al gip hanno ammesso fatti di spaccio escludendo però il coinvolgimento delle rispettive consorti. Si sono avvalsi di dichiarazioni spontanee. Antonino Raitano, a sua volta, ha confermato alcune vicende di spaccio, negando però il coinvolgimento nell’acquisto di una partita di droga.
Antonino Seca Curva’ ha respinto gli addebiti. Difeso dal legale Nicoletta Cauchi, ha riferito di non aver mai spacciato. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, inoltre, Francesco Casco (con il legale Lia Comandatore), Giovanni Simone Alario (difeso dall’avvocato Francesco Enia) e Marco Ferrigno (con l’avvocato Cristina Alfieri). Ha voluto precisare alcune contestazioni, con dichiarazioni spontanee, anche Giovanni Bonelli. Misure di custodia cautelare in carcere sono state eseguite ancora per Salvatore Azzarelli e Ruben Raitano. Ai domiciliari, infine, è Anna Maganuco.