Gela. Dopo anni di dibattimento, il verdetto di primo grado è stato pronunciato lo scorso aprile dal collegio penale del tribunale. Nel caso del crack del consorzio Conapro, sono state solo due le assoluzioni, decise nei confronti dei professionisti che si occuparono della fase di liquidazione e della successiva curatela. Verdetto favorevole è stato emesso per Biagio Casì e Francesco Orfè, ritenuti estranei alle presunte manovre finanziarie illecite. I verdetti di condanna, invece, sono stati impugnati in appello e nonostante la prescrizione ormai sia maturata per tutti gli imputati, i loro legali chiederanno una pronuncia di assoluzione nel merito. Il collegio penale del tribunale ha imposto tre anni e tre mesi di reclusione (con il riconoscimento delle attenuanti generiche) a Giuseppe Passarelli (assolto per un altro capo di imputazione), Nicola Ingargiola, Luigi Castelluccio, Elio Cacioppo e Orazio Caiola, ritenuti ai vertici del consorzio. Due anni e sei mesi di reclusione, invece, il collegio li ha imposti a Daniele Burgio, Mario Burgio, Giuseppe Marrale, Filippo Sciascia, Tiziana Cacioppo e Marcello Pausata (anche in questo caso riconoscendo le attenuanti generiche). Tre anni e tre mesi di reclusione anche a Dario Cacioppo e Rocco Pausata (sempre con circostanze attenuanti). Decisioni che i legali di difesa hanno provveduto ad impugnare, dopo il deposito delle motivazioni. I ricorsi sono stati depositati. In base alle accuse, la situazione patrimoniale di Conapro sarebbe stata paragonabile ad un “castello di carte”, così ha detto in aula il pm Federica Scuderi nel corso della sua requisitoria. Dirigenti, consulenti, amministratori e dipendenti erano accusati di aver distratto fondi del gruppo, finito fuori dalla raffineria Eni dopo un’interdittiva antimafia. Sarebbero emerse irregolarità nella gestione contabile, fino alla bancarotta fraudolenta. Le difese, già in primo grado, hanno spiegato che il declino economico del consorzio sarebbe iniziato con l’interdittiva antimafia che lo escluse dagli appalti Eni. Per i legali Antonio Gagliano, Flavio Sinatra, Riccardo Lana, Fabrizio Ferrara, Francesco Cagnes e Giuseppe Nicosia non ci sarebbe stata nessuna alterazione della gestione.
Le scritture contabili non sarebbero state occultate per evitare che si potesse ricostruire la “storia” contabile del consorzio. Su quanto accaduto al gruppo avrebbe inciso un certo clima politico, che iniziava a montare in città proprio in quel periodo, con l’avvento della prima giunta dell’ex sindaco Rosario Crocetta. Uno dei tanti elementi esposti dai legali. Ragioni che verranno portate davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. In primo grado, è stata disposta la confisca di un immobile, finito sotto verifica per una presunta transazione ritenuta pilotata. Parti civili erano il fallimento Conapro e l’imprenditore Giovanni Salsetta, proprietario della Edilponti (con gli avvocati Giovanna Zappulla e Giovanni Lomonaco). Proprio da una segnalazione dell’imprenditore partirono le prime indagini. Gli è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni.