Gela. Mancano pochi mesi alla scadenza della loro sospensione ma i funzionari dell’ente provinciale hanno già deciso di prolungarla fino a quando non verrà pronunciata una sentenza definitiva sul caso che li riguarda. G.S. e C.I., dipendenti dell’ente arrestati in città nel novembre di sei anni fa con l’accusa di concussione per aver imposto il pagamento di una presunta tangente al titolare di un impianto per il riciclaggio di rifiuti, sono destinati a non ritornare in servizio.
I due dipendenti della provincia furono arrestati dai carabinieri dopo la denuncia dell’imprenditore che avrebbe dovuto pagare una tangente per evitare l’esito negativo dei controlli effettuati sull’impianto di riciclaggio.
Stando alla motivazione ufficiale, “la riammissione in servizio dei dipendenti allo scadere dei cinque anni, in presenza di reati di tale gravità, recherebbe sicuro discredito all’immagine ed alla credibilità dell’ente nell’opinione pubblica e tra gli altri dipendenti della provincia”. I giudici del tribunale li condannarono, rispettivamente, a quattro e due anni e sei mesi di reclusione. Pene ridotte in appello.
I dipendenti, attraverso i loro legali, hanno più volte chiesto di ritornare in servizio: adesso, la sospensione successiva all’arresto sta per scadere. Il no al loro rientro è stato ufficializzato con un provvedimento firmato dai dirigenti del settore personale dell’ente e valutato dallo stesso commissario.