Gela. L’area di crisi complessa e l’accordo di programma, nonostante i tanti proclami politici, sono strumenti che ad oggi non hanno mai veramente inciso su un eventuale rilancio economico del territorio. Sulla carta, dopo la firma del protocollo di intesa per la riconversione green della raffineria Eni, avrebbero dovuto aprire la strada ad una serie di investimenti alternativi. Sono passati anni, ma risultati non se ne sono visti. I sindacati, in più occasioni, hanno spiegato la necessità di rivedere le basi sia dell’accordo di programma che dell’area di crisi complessa. Un tavolo vero e proprio, a livello ministeriale, non è stato più riattivato. La prossima settimana, il senatore grillino Pietro Lorefice, che aveva già avuto interlocuzioni informali con il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, incontrerà il sottosegretario Alessandra Todde, che sta seguendo il dossier delle aree di crisi italiane. La riunione dovrebbe tenersi mercoledì. Anche i grillini, che con l’allora ministro allo sviluppo economico Luigi Di Maio misero la firma sull’accordo di programma, sanno che non ci sono stati veri riscontri sul territorio. I sindacati, in blocco, hanno spiegato che le risorse a disposizione, circa venticinque milioni di euro, non si possono considerare sufficienti, anche perché destinate ad un’area di crisi che non tocca solo Gela, ma anche altri venti Comuni, in più province. Lorefice cercherà di acquisire elementi e dati, per comprendere quali siano le intenzioni del governo sul caso Gela.
Da tempo valuta i possibili sviluppi dell’area di crisi. Le risorse stanziate dal governo e dalla Regione per l’accordo di programma, tra le altre cose, sono rimaste praticamente inutilizzate e bisognerà definirne il destino. C’è ancora molto da fare se si vuole veramente evitare che anche questi strumenti finiscano nel dimenticatoio istituzionale, con risultati pari allo zero.
