Gela. La gara non fu “pilotata”. Sono cadute le accuse che i pm della procura muovevano all’ex commissario dell’Ato rifiuti Giuseppe Panebianco, al funzionario Vincenzo Mantione e all’ex dirigente del Comune Giovanni Costa. L’inchiesta partì dopo la denuncia presentata da uno degli imprenditori che partecipò alla procedura di appalto per i servizi nella discarica Timpazzo. La sua offerta, avanzata in associazione temporanea di imprese, non venne accolta. Risultò vincitrice quella di un’altra azienda, poi aggiudicataria. Secondo l’imprenditore escluso, ci sarebbero state delle palesi irregolarità, anche sulle modalità di valutazione delle offerte. Il pm Antonio Scuderi, nella requisitoria finale, ha spiegato che in effetti gli imputati avrebbero agito per favorire l’offerta dell’azienda risultata aggiudicataria, con la volontà di escludere quella che fino ad allora aveva invece operato in discarica. Secondo il magistrato, si sarebbe trattato di una sorta di “piano”, definito per assegnare la gara all’azienda già individuata. Il pm ha chiesto la condanna dei tre imputati ad un anno di reclusione. Stessa linea seguita dall’avvocato Orazio Rinelli, che come parte civile ha rappresentato l’imprenditore che segnalò le presunte irregolarità. I legali di difesa (gli avvocati Maria Licata, Feliciana Ponzio, Giuseppe D’Acquì e Renata Accardi) hanno invece escluso qualsiasi anomalia, non solo nei criteri di scelta ma anche nelle fasi di svolgimento delle attività, fino all’apertura delle buste e alla verifica delle offerte.
Secondo la loro ricostruzione, l’azienda risultata vincitrice aveva tutti i requisiti previsti nel capitolato. Inoltre, come già spiegato in aula da Panebianco, l’Ato chiese ufficialmente pareri tecnici ad un legale, specialista in diritto amministrativo, che diede indicazioni favorevoli rispetto all’iter avviato. “Se veramente si fosse voluto alterare l’esito della gara – hanno detto i difensori – chi avrebbe mai chiesto pareri legali ad un esperto di questo settore?”. E’ stato inoltre sottolineato come fino al momento della procedura di appalto, il servizio in discarica fosse gestito con un semplice affidamento. Il collegio penale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni), ha assolto i tre imputati, con la formula “perché il fatto non sussiste”.