Gela. L’indagine si concentrò su circa due anni di gestione dell’Ato rifiuti Cl2, dal 2011 al 2013. Davanti ai giudici del collegio penale del tribunale, sono arrivate contestazioni, anche di corruzione. Il quadro accusatorio, però, non ha prodotto i riscontri necessari, in attesa delle motivazioni che saranno depositate dai giudici. L’assoluzione è stata pronunciata per tutti gli imputati. Si tratta dell’allora commissario Giuseppe Panebianco (per un’ipotesi è stata accertata la prescrizione), di Nunzio Li Pomi e Sergio Occhipinti, del dipendente comunale Rocco Incardona e di Rosa Caci. Il dispositivo è stato letto in aula dal collegio, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni). I pm della procura Luigi Lo Valvo e Mario Calabrese hanno ribadito che ci furono irregolarità e presunti accordi per l’affidamento di lavori a Timpazzo e per consulenze e sponsorizzazioni. Tra le contestazioni, c’era pure quella di truffa. Tre anni e quattro mesi di reclusione era la richiesta avanzata per Incardona e Caci, che invece sono stati assolti con la formula, “perché il fatto non sussiste”. I legali di difesa, gli avvocati Rocco Guarnaccia e Tommaso Vespo, hanno escluso che ci furono accordi tra i vertici dell’Ato e i due imputati, per l’affidamento di una campagna pubblicitaria e divulgativa, autorizzata dall’Ambito del commissario Panebianco. “Mere asserzioni”, così sono state definite dalla difesa. Proprio intorno all’ex commissario si mosse l’inchiesta. Per l’accusa, avrebbe gestito appalti e consulenze, solo con affidamenti mirati ad aziende e professionisti, a lui vicini. Il difensore, l’avvocato Maria Licata, nelle conclusioni, ha ripercorso quanto emerso durante l’istruttoria dibattimentale e ha parlato di “errore metodologico” da parte della procura, anche rispetto alle contestazioni mosse agli imputati. Per il legale, affidamenti di appalti e consulenze furono sempre autorizzati nel rispetto della disciplina in materia. “Con Panebianco – ha detto il legale – si attuò una gestione migliore rispetto a quelle precedenti, con una riduzione dei costi”. Sono state respinte tutte le accuse che venivano mosse al professionista, dalla corruzione al peculato e fino all’abuso d’ufficio. I pm ne avevano chiesto la condanna, a due anni e sei mesi di reclusione, per un’ipotesi di peculato, legata all’acquisto di un’automobile. Per la difesa, fu regolarmente fatturata, ma non con fondi di Ato. Gli investigatori ricostruirono un presunto sistema, che per consentire a poche aziende di ottenere i lavori a Timpazzo, venne concepito con “frammentazioni e somme urgenze”, ma in assenza delle condizioni di legge. Il flusso di denaro dei conti degli imputati venne monitorato. Assunzioni ritenute sospette, per i pm, ci sarebbero state sia tra le fila dell’Ato che in quelle delle aziende che lavoravano in discarica.
Ricostruzioni che lo stesso Panebianco, sentito in aula, escluse, ritornando sulla sua attività alla guida dell’Ato Cl2. L’assoluzione nel merito è stata pronunciata anche per Nunzio Li Pomi e Sergio Occhipinti, tra i responsabili di aziende che operavano a Timpazzo. Il loro legale, l’avvocato Fabio Fargetta, ha confermato la linea degli altri difensori, negando l’eventuale esistenza di accordi corruttivi, per acquisire appalti. Le indagini toccarono i rapporti tra Panebianco e funzionari pubblici, compresi dipendenti comunali. Per gli inquirenti, ci sarebbero state scelte, anche sulle consulenze professionali, formalizzate solo per garantire il presunto accordo corruttivo, che però in giudizio non è stato riconosciuto tale.