Gela. Venticinque, tra responsabili Eni e di aziende dell’indotto della raffineria, sono stati rinviati a giudizio.
Per i magistrati accuse da confermare. Il verdetto è stato emesso dal gup Paolo Fiore. Sono state accolte, in questo modo, le richieste formulate dai magistrati della procura. Al centro delle accuse, le lesioni causate a diversi operai, colpiti da patologie legate all’esposizione all’amianto in fabbrica. Oltre alle patologie, lo spunto alle indagini venne fornito dalla morte di un ex operaio dell’indotto, Domenico Biondo, deceduto quattro anni fa. Le difese dei venticinque indagati, anche davanti al gup, hanno ribadito l’assenza di un vero e proprio nesso tra le posizioni ricoperte dai loro assistiti e le patologie da amianto contratte dai lavoratori. Diversi operai, a loro volta esposti all’amianto tra gli impianti della raffineria di contrada Piana del Signore, si sono costituiti parte civile, tramite la sezione locale dell’Osservatorio nazionale amianto. Sono rappresentati dai legali Lucio Greco e Davide Ancona. In base alla ricostruzione d’accusa, per anni non sarebbero state adottate le necessarie misure di precauzione, destinate ad evitare l’esposizione dei lavoratori alle pericolose fibre. I venticinque imputati dovranno presentarsi davanti ai giudici del tribunale il prossimo 23 febbraio.